Demoni dal nord

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    Eardwulf di Northumbria; Re
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    Un mattino nuovo si era aperto sulle merlature e le mura del castello di Northumbria. Un sole pallido e freddo stentava a intiepidire la terra, ancora incrostata in qualche punto dal ghiaccio formatosi durante la notte, e restare nascosti sotto le coperte era una gioia. Tuttavia quello era un lusso che potevano prendersi solo i bambini, e neanche tutti. Nell'ampio palazzo reale, l'attività era febbrile fin dalle prime luci dell'alba. In quello, Eardwulf manteneva le abitudini che aveva acquisito con l'addestramento da cavaliere. Non esisteva ozio che volesse permettersi e, di conseguenza, nemmeno i suoi servitori dovevano riposare.
    L'ordine e la pulizia dovevano regnare ovunque, dal mastio al cortile interno, dalle torri al corpo di guardia. L'inoperosità era qualcosa di intollerabile e la corretta disposizione di ogni cosa costituiva per il sovrano una fonte di distensione mentale.
    Anche quella mattina, come le precedenti, Eardwulf si era alzato presto. Dormiva poco e, durante la veglia, non riusciva a sopportare di giacere supino in quel letto freddo e vuoto per metà. Era passato del tempo dalla morte di Edythe, ma lei continuava a mancargli nelle piccole cose come quella.
    Così Eardwulf ne approfittava per sollevarsi praticamente un attimo dopo che apriva gli occhi per destarsi dal sonno. Si lavava con acqua fredda, apprezzando la sensazione di tonicità che ne riceveva e disprezzando contemporaneamente l'abitudine di alcuni nobili di eseguire abluzioni con acqua tiepida o calda: nella sua opinione quella pratica rammolliva e basta.
    Tuttavia, nonostante le abitudini fossero quelle di sempre, quella mattina Eardwulf percepiva che c'era qualcosa che non rientrava propriamente nell'ordine a cui era abituato e che aveva imposto al castello. Nella sua mente aleggiava ancora lo spettro di un sogno che aveva fatto durante la notte: il mare si gonfiava, portando sulla spiaggia delle ombre nere e dei bagliori metallici. Il re, affacciato alle mura, vedeva ogni cosa, ma le sue gambe erano come bloccate e la voce gli era rimasta intrappolata nella gola. Non poteva quindi chiamare nessuno per avvertirlo del pericolo incombente, né lui stesso poteva fare alcunché per arrestare quelle ombre. Eardwulf Si era svegliato con la sensazione di essere stretto in una morsa e con un peso che gli gravava sul petto.
    Non si trattava di un uomo particolarmente superstizioso: si fidava della sua ragione molto più che di qualche sciocco presagio. Era quindi convinto che quell'incubo non avesse un significato nascosto, ciononostante non riusciva a scacciare la brutta sensazione che gli aveva lasciato addosso, anche dopo il risveglio.
    Terminato di vestirsi, aiutato da alcuni servitori, Eardwulf si diresse verso la sala grande del castello. Avrebbe mangiato qualcosa e poi si sarebbe occupato degli impegni per quel giorno. Ma, appena arrivato in quell'ambiente, un uomo gli corse incontro. A giudicare dalle vesti da viaggio e dal mantello impolverato, doveva trattarsi di un messaggero o di qualcosa di simile.
    "Sire! Re Eardwulf" invocò, gettandosi alle sue ginocchia. Aveva il respiro spezzato, come se avesse corso mille miglia per giungere fin lì.
    Il sovrano piegò il busto per appoggiare le mani sulle spalle dell'altro, mentre intorno a lui le guardie si muovevano nervosamente.
    "Cosa sta succedendo?" La voce di Eardwulf echeggiò burbera e leggermente rauca.
    Il messaggero trasse un paio di respiri profondi prima di rispondere.
    "Sire, sono state avvistate delle navi sulla costa! Imbarcazioni mai viste prima, decorate con quelle che sembrano teste di demoni... Degli esploratori sono andati loro incontro e sono stati uccisi." Deglutì a fatica, come se avesse la gola pervasa di aghi. "Le genti del nord ci hanno gettato addosso le loro teste."
    Seguì un istantaneo borbottio, sorto tra le guardie alle spalle di Eardwulf, ma questi lo ignorò, così come si impose di ignorare il pensiero del sogno che aveva fatto quella notte.
    "Conducetemi Ethelweard" ordinò allora, raddrizzando di nuovo il busto. Si rivolse ancora una volta al messaggero. "Riferirai ogni cosa anche a lui."


    ↘ Non potrai mai guidare questi uomini se non sei disposto a fare tutto il necessario per sconfiggere il male.

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    Edited by Kwëñthrïth - 23/1/2016, 10:04
     
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    Ethekweard AedhGuerriero Cristiano » Northumbria
    background soundtrackNon dormii che un'ora quella notte. Inizialmente e per buonissima parte della nottata, rimasi fedelmente rinchiuso all'interno della mia piccola stanza, all'interno della quale non vi era alcunché di eccessivo, solo un semplice inginocchiatoio con la croce lignea, nella quale venne intagliata – da un abile artigiano – l'immagine di Cristo: nonché un semplice e modestissimo giaciglio sul quale potevo riposare le mie stanche membra. Pregai per intere ore, tanto da non percepire più gli arti inferiori, mentre restavo ingobbito, con gli arti superiori intrecciati – specialmente le dita – e la sola luce proveniva dalla finestrella alta e piccina, di forma quadrata, dalla quale filtrava l'argentata luce della luna. Anche alcuni candelabri sparsi all'interno della stanzetta mi permettevano di scorgere nitidamente quel piccolo simulacro. Parlavo senza neppure proferire verbo, se non qualche volta, quando la mia voce sfuggiva dalle mie labbra continuando quella lenta e ossequiosa nenia che altro non era la mia preghiera. Udivo chiaramente gli altri uomini, gli altri cavalieri aggirarsi entro la struttura. Alcuni di questi davano il cambio al loro compagno, prendendo posizioni di vedetta, altri semplicemente decisero di trascorrere la notte in compagnia, non solo con boccali di birra o calici lignei di vino ma anche con donne concupiscenti e amorali. Il giorno in cui, l'Iddio sarebbe ritornato su questo mondo, avrebbe aperto e affossato questi peccatori licenziosi entro una voragine e, per l'eternità le loro anime sarebbero state bruciate e inghiottite dalla sofferenza. A me, però, aspettava un finale migliore. Né ero certo. Seguivo fedelmente ciò che Cristo promosse e conoscevo a menadito ogni singolo versetto della bibbia. Eppure essendo un misero essere umano, ero consapevole di quanto peccaminoso potessi essere e, anche, quanto la fonte di tentazione fosse sempre prossima. Ciò nonostante la rifuggivo e l'allontanavo da me, punendomi anche solo per i pensieri che talvolta, sembravano essere ghermiti e sedotti dal maligno. Quella notte, non accadde alcunché di differente.
    Caddi dormiente che il sole doveva ancora sorgere, eppure la notte più buia e profonda era ormai passata. M'accasciai completamente stravolto, liberato nell'anima e nella coscienza, dolorante e straziato nelle carni, avendomi punito degnamente, ripagando con Cristo e suo padre Nostro Signore, ogni minimo e più piccolo peccato commesso – o auspicato di compiere – quel giorno stesso. M'addormentai e dormii profondamente. Inizialmente i miei sogni vennero avviluppati da un mantello scuro e ombroso, corvino. Non scorsi alcunché e non vidi altrettanto. Le mie percezioni rimasero immobili, ghiacciate e assopite, almeno sicché qualcosa non iniziò a spuntarmi da dinnanzi agli occhi. Fu in quel momento che vidi ogni cosa. Il cielo inizialmente sereno, il loco pacifico nel quale mi ritrovavo silenziosamente e solitariamente a contemplarne l'ambiente, la natura lussureggiante della mia terra, acquisì un mutamento repentino. Le nubi s'addensarono verso ovest. Cariche sicuramente di pioggia divennero particolarmente grigie. I tuoni e i loro rimbombi inizialmente lontani s'avvicinarono mentre il vento prese a soffiare senza moderazione alcuna. Un fulmine ricadde dal cielo e con esso anche qualcosa, che però, mi fu impossibile di contemplare nitidamente. La pioggia iniziò a discendere dalle nubi ombrose e minacciose, mentre il frastuono echeggiava tutto intorno. L'occhio mi ricadde sui palmi, issati verso il cielo. Non ebbi timore inizialmente, sapevo che quel miracolo era voluto da Nostro Signore eppure, appena contemplai lo stato delle mie carni; non potei fare a meno di sgranare lo sguardo sbalordito. Sangue discendeva dai cieli e lamenti, divenuti sempre più forti, suoni acuti e metallici ora: riempivano l'aria. Una minaccia stava sopraggiungendo.
    Mi svegliai agitato certamente, inumidito dal mio stesso sudore ma anche gratificato. Ero certo che quella fosse un'apparizione, una novella sopraggiunta mediante sonno e mandatami da Dio. M'alzai, abbandonando il mio giaciglio, non potendo bighellonare ulteriormente. Provvidi alla mia abluzione e successivamente, indossai i miei indumenti. Insinuai i miei armamenti negli appositi foderi e, uscii dalla mia stanza solo quando il sole s'innalzava da est. A passo svelto percorsi il corridoio. Procedendo con passo scattante e anche determinato, tenendo il mento issato, ricevevo ad ogni movimento il degno e adeguato saluto dai miei sottoposti; i quali rimasero la notte o buona parte della stessa attenti ad ogni piccolo mutamento. Mi recai dal parroco ben sapendo ch'egli avrebbe sicuramente compreso quanto vidi nei miei sogni e, apprendendolo – così come ero certo fosse stato informato anch'egli da Dio – avremmo sicuramente potuto interloquire col nostro Re. Discorsi col parroco, a lungo. Fui accolto nel suo appartamento, il quale aveva ubicazione all'interno del castello del Re. Sorseggiai con egli un calice di vino, sebbene fu l'alto funzionario religioso a dissetarsene. Io lo guardai, parlai e descrissi quanto veduto. Mi congedai da egli, sortendo dalla soglia di quel loco tanto privato quanto eccessivo per un uomo di Chiesa ma, chi ero io per giudicare? Questo era il compito e il privilegio dell'Altissimo e certamente non mio. Abbandonai molto presto quel loco tanto signorile, discendendo nelle segrete del castello. M'incontrai con i miei uomini e scambiai con loro alcune parole, le quali, concernevano esclusivamente ciò che adempirono e novelle provenienti dai villaggi del Regno. Tutto apparve loro estremamente tranquillo a placido, eppure, la sensazione che qualcosa stesse mutando sotto ai nostri stessi occhi non m'abbandonava.
    La porta si schiuse improvvisamente. Entrò un uomo, un uomo al servizio diretto del Re. Chinai il busto, attendendo la sua apparizione. Vostra Maestà! Dissi semplicemente, salutandolo riverentemente così com'era d'uopo per un uomo della sua posizione e levatura. Ch'egli sopraggiungesse non era cosa bislacca, pur tuttavia, era strano che si mostrasse a me, a quell'ora tanto presta.
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    Eardwulf di Northumbria; Re
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    Gli uomini al cospetto di Eardwulf si scambiarono delle occhiate silenti. Non fu necessario che esternassero ad alta voce il loro pensiero: al re sembrava di percepirlo distintamente, quasi fosse stato tangibile di fronte ai suoi occhi.
    Sapeva molto bene che i suoi modi fossero diversi da quelli di Aldfrith, il suo predecessore, nonché fratello. Era lui il maggiore osservante dell'etichetta e della forma; Eardwulf sospettava che la ragione di ciò risiedesse non solo in una naturale propensione dello stesso, ma anche nella formazione che aveva ricevuto. Essendo lui il maggiore dei figli di Egfrid, era chiaro che sarebbe stato lui a succedergli. Fin dalla più tenera età quindi Aldfrith era stato educato a quello scopo; anche nella testa di Eardwulf erano state inculcate tutte le conoscenze legate al suo rango, così che lui non poteva certo dire di ignorarle, ma era pur vero che era stato addestrato diversamente. Come cavaliere aveva imparato a prediligere la sostanza alla forma, a sapere quando agire e a farlo sempre in modo efficace. Proprio per quella ragione aveva deciso di non perdere tempo di fronte all'emergenza che era stata appena portata a sua conoscenza: non poteva aspettare che Ethekweard venisse chiamato per suo conto, sarebbe stato lui ad andare a cercarlo per raggiungerlo il prima possibile. Le questioni di cui dovevano parlare erano della massima urgenza, inoltre il re e il cavaliere si conoscevano abbastanza da sapere che in certi casi le formalità potessero essere messe in sospeso.
    Di fronte alla richiesta perentoria di Eardwulf e all'espressione grave dipinta sul suo viso, nessuno osò ribattere nulla. Due uomini si sollevarono dal suo cospetto e il sovrano si avviò dietro di loro con passo marziale.
    Venne condotto lungo una discesa apparentemente senza fine tra appartamenti, saloni relativamente spogli e scale di pietra umida, fin nei sotterranei. In fondo immaginava che avrebbe trovato Ethekweard in quei luoghi. Come il sovrano poté vedere, era circondato dai suoi uomini, che subito si inchinarono al suo cospetto con fare reverenziale. Eardwulf reagì con un insofferente gesto della mano, con il quale invitò i presenti a risollevarsi.
    "Ho bisogno di parlare con Ethekweard da solo" disse.
    Capita l'antifona, prima i due uomini che avevano accompagnato il re, poi quelli al seguito del cavaliere, lasciarono la cella.
    Eardwulf si passò una mano sul volto non rasato e inclinò la testa, come per osservare un punto a metà strada tra il soffitto e il pavimento, non troppo distante dal suo interlocutore.
    Non ebbe altre esitazioni e descrisse la situazione che lo preoccupava.
    "Pochi minuti fa ho dato udienza a un uomo che ha avvistato dei guerrieri provenienti dal Nord sbarcare sulle nostre coste. A quanto pare non hanno intenzioni particolarmente pacifiche" spiegò, usando un eufemismo.

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    Ethekweard AedhGuerriero Cristiano » Northumbria
    background soundtrack All'entrata del Re immediatamente i miei uomini scattarono sull'attenti. Eressero maggiormente le loro schiene e come fasci tirati di crine di cavallo, contemplarono ogni singolo movimento di sua Maestà. Io nonché il mio fidato consigliere, il terzo in comando sostanzialmente, fummo i soli ad inchinarci con le schiene – quel tanto che bastasse e fosse d'uopo – per accogliere dignitosamente il nostro sovrano. I miei occhi però, rimasero fissi sul suo volto, cosicché quando lo scorsi muovere e agitare il palmo – incoraggiandoci d'abbandonare la postura di riverenza – lo feci, senza farmi attendere. Lo guardai attentamente sul volto, contemplando e notando chiaramente quanto fosse scosso e preoccupato da un particolare; che sfortunatamente mi era ancora ignoto. Condussi entrambi i palmi dietro la schiena e, con quello sinistro andai ad avviluppare il polso destro, anche se, l'azione mi accusò non pochi fastidi. Avvertivo ancora il dolore della punizione corporale alla quale mi afflissi, poiché questo era il solo modo per dimostrarmi unto e candido agli occhi misericordiosi e sinceri dell'Altissimo. Alcuno era libero dai propri doveri e dalle preoccupazioni dell'anima. Nostro Signore poteva scorgere chiaramente i cuori e anche gli spiriti di ognuno di noi e, per quanto sulla Terra le ipocrisie la facessero in barba a chiunque, solo Dio era consapevole del marciume o della bontà che nascondevamo dentro. Ed io, continuamente, spasmodicamente e anche strenuamente, provvedevo nel compiacerlo. Lottavo, uccidevo uomini e provvedevo nel mantenere stabilità e ordine nel Regno di Sua Maestà; solo per compiacere Nostro Signore. Egli – ero sicuro della sua esistenza e anche dei suoi innumerevoli e mastodontici poteri – avrebbe scorto tutta la purezza del mio essere e, m'avrebbe permesso – allo scadere della mia vita – di congiungermi ad egli: abbracciandomi e accarezzandomi il capo, grato ma anche soddisfatto nell'aver avuto un così fedele discepolo.
    Andate: mi ragguaglierete in seguito. Espressi ai miei uomini, cosicché velocemente mettessero in pratica l'ordine impartito dal Re. Lo guardai negli occhi per tutto il tempo e, solo quando la porta venne chiusa alle loro spalle – nonché a quelle del nobile signore di Northumbria – egli attirò ulteriormente il mio riguardo su di lui: prendendo verbo. Immediatamente, udendo quelle favelle mi ritrovai a sgranare gli occhi, inarcando entrambe le sopracciglia. Indubbiamente credetti all'istante alle rivelazioni del Re, non farlo sarebbe equivalso ad alto tradimento, eppure rimasi sbalordito da quel che stava accadendo. Un ulteriore segno che, Dio, mi acclamava e mi benediceva. Fu egli a mandarmi quei sogni, quelle visioni, ero divenuto – seppur brevemente – un visionario di Nostro Signore.
    Terribili novelle, pur tuttavia non sono affatto impensierito. Dissi al Re, distendendo leggermente le labbra in un sorriso – poco ilare – ma ugualmente ufficioso e formale; atto solo a tranquillizzare il suo spirito. Quei barbari non sono stranieri sporadici. Lo scorso anno, un altro gruppo di invasori ha avuto l'indecenza di saccheggiare e razziare alcuni villaggi – specialmente tempi monacali – ubicati sulle coste: a Fortriu. Esplicai al nobile, rammentandogli dettagli che certamente ricordava chiaramente. Ho avuto modo di studiare le loro strategie e anche le loro abitudini. Dichiarai issando leggermente il mento, essendo completamente certo delle mie abilità di condottiero e stratega. Di conseguenza, Vostra Maestà, nel caso in cui desideraste ch'io parta con una manciata dei vostri uomini, sarò più che lieto di farlo. Conclusi, attendendo quindi che il nobile sovrano, metabolizzasse le mie novelle e che da esse estrapolasse una decisione.
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    Eardwulf di Northumbria; Re
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    Gli uomini di Ethekweard accolsero l'ordine del sovrano con dei cenni del capo, subito dopo fu lo stesso cavaliere ad avallare le parole di Eardwulf, licenziando i suoi sottoposti e ingiungendo loro di dedicarsi alle consuete occupazioni, per poi ragguagliarlo in seguito su ogni altra cosa.
    Quando i due uomini rimasero soli, il secondo in comando nell'esercito di sua maestà alzò di nuovo gli occhi sugli altri. Aveva occhi piccoli, Ethekweard, spesso inespressivi, ma attenti e indagatori. Eardwulf sapeva che il suo sguardo metteva spesso a disagio le persone su cui si posava, ma lui dal canto suo lo apprezzava. Gradiva parlare faccia a faccia con i sottoposti di cui si fidava, come nel caso dell'uomo al suo cospetto. Occhi negli occhi, senza abbassamenti di sguardi pudici quanto fuori luogo.
    Eardwulf sentiva ogni giorno il peso della corona sul capo, la responsabilità di garantire alla sua gente tranquillità e sostentamento. Non era stato preparato per quello, giacché le speranze di suo padre si erano concentrate su Aldfrith. Suo fratello però non c'era più, e il peso di quell'incarico si era trasferito su di lui, intenzionato a sostenerlo al meglio delle sue possibilità.
    Fin da ragazzo, Eardwulf era stato convinto che Aldfrith fosse la persona migliore per sedere sul trono. Non si era però mai fermato a riflettere se la sua convinzione dipendesse dal fatto che non avesse mai visto alcuna alternativa o da un apprezzamento consapevole delle doti dell'altro come uomo di potere. Quando Aldfrith era diventato re e avevano iniziato a circolare le voci su una sua presunta incompetenza, Eardwulf le aveva rifiutate con tutto se stesso. Ora però che suo fratello era morto, lo spettro di quelle opinioni aveva preso ad aleggiare su di lui. Doveva essere in grado di gestire al meglio il potere e il regno, doveva fare in modo che nessuno potesse dire di lui ciò che diceva del suo predecessore.
    Non era un compito facile, tutt'altro: era piuttosto snervante. Soprattutto perché sentiva di portare quel peso da solo e doveva comunque farlo al meglio delle sue possibilità. Quindi contava molto per lui essere affiancato da persone competenti delle quali potesse fidarsi. Sapeva che non poteva dividere a metà il suo fardello con Ethekweard, ma il cavaliere lo avrebbe senz'altro aiutato a prendere le scelte migliori.
    Come in altre conversazioni precedenti, l'uomo si mostrò risoluto e con le idee ben chiare. Aveva ragione: non era la prima volta che le genti del Nord invadevano le loro terre ed erano state già respinte in precedenza, non c'era motivo di credere che quella volta sarebbe stato diverso. Erano più preparati, le conoscevano già e sapevano già cosa aspettarsi. Da dove derivava allora tutta l'apprensione di Eardwulf? Forse dalle impressioni del sogno di quella notte: continuava a sentirsi impotente, nonostante la luce del giorno avesse dovuto allontanare ogni immagine onirica.
    "Questa volta il numero degli invasori è maggiore" specificò il re, non volendo comunque sottovalutare la minaccia.
    "Sì, bisogna sicuramente affrontare questa gente, e al più presto" continuò poi, facendo scorrere una mano sul viso e accennando a un sospiro. "Qual è il modo migliore per farlo, secondo te?"

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    Ethekweard AedhGuerriero Cristiano » Northumbria
    background soundtrack Quando conclusi di parlare, il silenzio echeggiò sordamente. Tutto si fece quieto, palpabile e plumbeo. Indubbiamente lo sguardo e anche l'attenzione visiva nonché mentale del Re, si concentrarono esclusivamente su quanto era stato proferito. Lo compresi dallo sguardo concentrato e vigile, per quanto segnato dal cogitare incessante, che mi dedicò.
    Ero sicuro che qualunque cosa – naturalmente sensata – fosse stata pronunciata dalle mie labbra, avrebbe riscosso qualche interessamento in sua Altezza, dopotutto, non ero uomo incline ad aprire bocca per idiozie. Malauguratamente il Sovrano, era spesso accerchiato da uomini corrotti e anche vigliacchi, i quali sfruttando la loro carica all'interno della corte, provvedevano nel discorrere con egli, esplicando – non quanto vi era per il bene del popolo o per il Regno, per la sua illustrissima persona – ma, quel che potesse dimostrarsi vantaggioso per le loro ricchezze. Miserabili, senza ombra di dubbio. Gentaglia di tale fattispecie, se dipendesse da me, doveva essere immediatamente abolita dal proprio incarico e, ovviamente, andava soppressa. Persino l'Iddio esercitò in passato drastiche conseguenze, scorgendo quanto immeritevoli furono i suoi uomini, specialmente quando la fede avrebbe dovuto guidarli linearmente alle sue braccia. Sarebbe stato peccato, sarebbe stata una bestemmia se, avessi elevato la mia figura e posizione al pari di Dio, non l'avrei mai fatto e se mi fosse stato possibile – anche in questo momento – avrei provveduto a flagellarmi per tale insolenza – lo avrei fatto dopo, nel mio privato – ciò nonostante, ero più Uomo di Dio io che molti altri: i quali si profetizzavano tali. Avrei fatto qualunque cosa per il Re, per la sua famiglia, per il suo Regno e naturalmente per le persone – giuste – che vivevano e sottostavano alle sue leggi nonché a quelle di Nostro Signore. Eppure, la mia posizione mi delimitava le intenzioni. Non ero altro che un guerriero, un comandante in seconda, il quale, era costretto a prendere e adempiere ordini da un uomo grasso e flaccido, del tutto incapace di provvedere alla salvaguardia del Regno o di Sua Maestà. Pur tuttavia, non sarebbe stato prudente agire alle spalle di costui, poiché – nonostante ciò – il Re riponeva fiducia in quell'uomo ed io, dovevo accondiscendere alle sue volontà. Ero convinto però, che mi sarebbe stato utile e, certo d'avere Dio dalla mia parte, l'occasione per far valere le mie capacità e le incapacità di quest'ultimo; non sarebbero mancate di palesarsi.
    Il Re finalmente parlò ed esternò quanto cogitò la sua mente. Mi ritrovai ad inarcare leggermente il sopracciglio, non sentendomi assolutamente demoralizzato o inadeguato dinnanzi a quelle semplici richieste. In primo luogo volle annunciarmi – seppur non in termini di numero quantitativo – la presenza maggiore di questi barbari invasori. Asserì ch'erano giunti molto più uomini rispetto all'anno precedente. Onestamente non mi stupii di tale eventualità; giacché in quell'occasione i nostri confinanti si dimostrarono incapaci, dando un'idea del tutto errata a questi stranieri bellicosi. Villaggi vennero rasi al suolo, molte donne vennero obbligate a concedersi, morirono moltissimi uomini anche e soprattutto, monastici; i quali si lasciarono miseramente massacrare all'interno delle chiese. Non sono stupito da tale novella, dopotutto, i nostri alleati a Fortriu non si dimostrarono preparati e capaci nel fermare l'ondata di attacchi e saccheggi da parte di questi barbari selvaggi. Dichiarai estremamente onesto, ben sapendo che il Re non avrebbe avuto alcunché di cui rimproverarmi, anche perché seppe e vide con i suoi stessi occhi, l'incapacità dei nostri alleati e confinanti. Concordo con quanto asserite, Vostra Maestà. Siamo consapevoli che quella gentaglia ambisce saccheggiare e distruggere qualunque cosa si pari sul loro sentiero, di conseguenza sono del parere che occorra informare immediatamente tutti i conti ubicati sulla costa occidentale. Iniziai dicendo, avanzando di qualche passo e appropinquandomi al tavolo pigiai il dito sulla cartina, indicando le coste pronunciate antecedente. Inoltre, sono del parere che occorra trarli in inganno. Sono predisposti nell'attaccare monasteri nonché villaggi ubicati nei pressi di essi, quindi, occorrerà inizialmente indurli a credere che il loco sia "innocuo" e, successivamente, una volta entrati nel villaggio e richiuse le porte che lo delimitano: iniziare l'attacco, facendo uscire i guerrieri allo scoperto. Proposi sebbene fossi consapevole della pecca, ossia che non saremo stati certi di quale fosse il villaggio attaccato e quale direzione prendessero se prima... Non avessero attaccato. Discutibile scelta strategica, sacrificare uomini, donne e anche bambini ma, era anche il solo modo per comprendere in quale direzione avrebbero proseguito con le loro guerriglie.
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    Eardwulf di Northumbria; Re
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    Da tempo, il trono della Northumbria costituiva il seggio di uomini che avevano delle conoscenze degne di questo nome in campo guerresco. Aldfrith, Egfrid, Oswald, Willalme, erano stati tutti pratici - chi più e chi meno - tanto dell'arte della guerra che di quella della politica.
    Ma Eardwulf era convinto di avere qualcosa in più rispetto a loro. Fin dalla più tenera età si era preparato per diventare cavaliere: suo fratello sarebbe stato re, e lui aveva altro di cui occuparsi. E, quando Aldfrith era effettivamente morto, sul trono si era seduto un cavaliere. Un uomo che, Eardwulf ne era convinto, aveva avuto la possibilità di portare in auge la mentalità di quella categoria di uomini.
    Lui stesso si sentiva un guerriero prima che un re, e forse era quella la ragione principale che lo portava a capire così bene le intenzioni e le parole di Ethekweard, nonché quella per cui riusciva a fidarsi così tanto di lui. L'uomo gli aveva fornito più di un'occasione per scorgere il suo valore e, nonostante alcune delle opinioni che circolavano su di lui fossero controverse - alcuni dicevano che era religioso ai limiti del fanatismo -, Eardwulf era stato in grado di andare oltre. L'essere stato lui stesso un cavaliere gli aveva consentito di formarsi un'opinione individuale su di lui, senza dover fare affidamento su ciò che si diceva sul suo compito; l'essere stato lui stesso un guerriero lo aveva portato a capirlo, almeno in parte, e a confidare nelle sue capacità.
    Ecco perché il re non mancava mai di consigliarsi con lui in faccende che attenevano a qualche intervento militare, ma non solo. Nonostante le ovvie differenze che lo separavano da lui, vedeva in Ethekweard una personalità per altri versi affine, più lontana alle eleganti sale del castello e più vicina alla spartana piazza d'armi. Nel codice che condividevano, il re vedeva la possibilità di fidarsi di lui molto più che di altri soggetti che lo circondavano e che cavalieri non erano mai stati.
    Eardwulf non era uno sciocco, sapeva bene di essere circondato da parassiti, vanagloriosi ed egoisti incentrati sulla ricerca del solo interesse personale. Per questo la scoperta di un uomo della cui opinione potesse fidarsi e prenderla come un dato oggettivo e disinteressato era un evento più unico che raro.
    Così, quando il cavaliere rivelò di non essere preoccupato, il sovrano seppe che confidava davvero nelle capacità dei propri guerrieri di arginare quei vecchi nemici e non ebbe al contrario il dubbio che parlasse a sproposito, solo per farsi bello agli occhi del re.
    "Sì" concordò Eardwulf, passandosi fugacemente una mano sul volto barbuto. "Dobbiamo approfittare del momentaneo vantaggio e allertare chiunque possa trovarsi ad affrontare quei demoni. Darò ordine che dei messaggeri partano il prima possibile."
    Ma il pensiero del re era anche un altro. Era necessario informare anche i propri alleati? L'idea non gli piaceva perché, ne era tristemente consapevole, nessuno di loro agiva per niente e chiedere un aiuto oggi significava mettersi nella posizione di dover ricambiare un favore domani. Eardwulf non era un amante dei compromessi, non lo era mai stato, e non aveva intenzione di piegarsi in quel modo, specialmente perché, di là dai discorsi di principio, non voleva trovarsi costretto un domani a dover fare qualcosa per gli altri che contrastasse con l'interesse primario del suo regno.
    "Da quanto abbiamo saputo dal messaggero, nonostante il numero di questi selvaggi, dovremmo essere in grado di contrastarli senza l'aiuto dei re degli altri regni. Non ho intenzione di rivolgere loro comunicazioni, a meno che non sia strettamente necessario."
    Il che stava a significare che lo avrebbe fatto solo a fronte di un pericolo di disfatta più che concreto, ma preferì non pronunciare quelle parole, volendo mentalmente escludere quell'ipotesi.
    Annuì poi quando Ethekweard suggerì di giocare d'astuzia.
    "Tagliare loro ogni via di fuga, costringerli a combattere in luoghi che non conoscono" riassunse, con una nuova determinazione nello sguardo. "Naturalmente. Trasmetti ai tuoi uomini tutte le tue determinazioni in merito."


    ↘ Non potrai mai guidare questi uomini se non sei disposto a fare tutto il necessario per sconfiggere il male.

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    Ethekweard AedhGuerriero Cristiano » Northumbria
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    Restando immobile nella mia perfetta e rigida postura, contemplai silenziosamente il Re; attendendo solo l'istante in cui avrebbe proferito le proprie decisioni. Ero sicuro che avrebbe concordato con quanto proferii antecedentemente, giacchè a differenza di alcuni sovrani – specialmente coloro che ci erano alleati – l'attuale Re della Northumbria differiva mediante le sue competenze militari.
    Alcuni non sapevano neanche maneggiare degnamente una spada, eppure avendo sul capo una corona, pensavano di potersi avvalere del diritto di guidare e organizzare degnamente gli eserciti. Vidi tutto con i miei occhi, sebbene, in quelle occasioni non ci ritrovassimo realmente e materialmente davanti a dei nemici. Scorgevo semplicemente il modo in cui questi sovrani governavano i loro sottoposti, consiglieri e anche abili strateghi, i quali sapevano e conoscevano ogni cosa dello scontro, possibile o ipotetico: eppure nulla poteva eguagliare le loro conoscenze e sapienze, solo perché Dio li aveva posti su quel trono.
    Vi erano nobili davvero indegni, i quali avrebbero dovuto apprendere prima una lezione l'umiltà difatti alcuni semplici contadini si sarebbero dimostrati molto più capaci di loro nell'assolvere i compiti e anche i doveri conseguiti dal loro rango ma, non era nei miei compiti e doveri giudicarli, questo era competenza del più alto esponente mai esistito: anche se invisibile ad occhio umano. Per quanto potesse farmi ribollire dalla rabbia le mancanze che avvenivano sotto ai miei occhi, nonché sotto a quelli del parroco, tutto sembrava proseguire con una tale placidità e noncuranza da lasciarmi oltremodo perplesso. Pur tuttavia, sarebbe giunto il momento in cui tutti i peccatori sarebbero stati giudicati e, i loro cuori, sarebbero stati analizzati, soppesati dalle ampie e impalpabili mani del nostro signore. In quell'occasione, neanche le loro ricchezze sarebbero stati capaci di salvarli.
    Ascoltai appena in tempo, dato il fluire dei miei pensieri le disposizioni di sua maestà. In primo luogo avrebbe provveduto nel mandare i suoi messaggeri e, successivamente, appresi della sua volontà di non informare i nostri alleati. La considerai una scelta saggia, giacché nonostante le alleanze stipulate – mediante commercio e anche sposalizi fra i figli dei conti delle rispettive terre – occorreva sempre essere ponderati e accorti. Il desiderio spasmodico di conquista e anche l'ambizione di poter mettere mani sul nostro regno, era sempre persistente.
    Le alleanze dopotutto non erano che acerbe e nuove, poiché in passato molte volte la Northumbria si ritrovò – in un modo o nell'altro – a partecipare a guerre, con i nostri stessi confratelli.
    I più dissennati, avrebbero potuto stipulare accordi con questi barbari del nord, solo per conquistarsi qualche altra striscia di terra al confine, sottraendola quindi alla giurisdizione del Re. Mi trovate perfettamente in accordo. Sono sicuro che le nostre forze si dimostreranno all'altezza del pericolo imminente e, certamente, mostreremo ai nostri stessi alleati le nostre abilità nell'arte del combattimento. In questo modo manderemo due messaggi distinti, a chiunque osasse scalfire i vostri confini, Vostra Maestà. Dichiarai, esplicando con assoluta fermezza e onestà quelli che furono i miei pensieri antecedenti. La mia fedeltà andava al Re, oltre che all'Altissimo e, sempre avrei mantenuto fede al giuramento.
    Mossi il capo, annuendo giacché il Re comprese perfettamente quali furono le mie tattiche, quelle che avrei avanzato contro i nostri nuovi nemici. Sì, Vostra Maestà. Esclamai, chinando la schiena in un inchino, anche se per quanto mi riguardava non avevo ultimato al mio compito. Una parte sì ma, l'altra...
    Chiedo il permesso di conferire di un altro argomento, con Vostra Maestà! Ripresi nuovamente parola, questa volta chiedendo il permesso all'uomo di poter procedere con quanto desideravo rivelargli.
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    Eardwulf era certo di trovare un appoggio in Ethekweard: lui era un suo sottoposto, ma erano prima di tutto due uomini d'arme. Il sovrano era quindi certo che potessero intendersi anche su un piano non strettamente politico, che poi era quello che lui preferiva.
    La preparazione di Eardwulf e il suo spirito di osservazione avevano reso chiaro ai suoi occhi che alcune volte i re facevano delle scelte non perfettamente funzionali, quando non si parlava di veri e propri errori, mossi da esigenze diplomatiche, di prestigio o potere, insomma tutti aspetti connessi alla politica. Lui era ben consapevole del fatto che un re dovesse badare ad essi, ma si era ripromesso di non sacrificare mai i suoi uomini o il suo regno in nome della politica o del proprio potere personale. In quello Ethekweard, stando con i piedi per terra e a stretto contatto con i soldati, che poi erano il braccio del regno della Northumbria, lo aiutava molto, andando a controbilanciare gli aspetti a cui Eardwulf doveva fare attenzione in quanto era lui che portava la corona.
    Era difficile giudicare l'espressione di quel cavaliere, ermetica e impenetrabile. Raramente faceva trasparire ciò che provava o a cui pensava, eppure il re si sforzava di leggerla nel tentativo di cogliere dai piccoli segni sul suo volto le impressioni che provava realmente, per scoprire se confermavano le sue scelte o meno. Eardwulf era un uomo sicuro di se stesso, sapeva quello che faceva e sapeva anche di non avere bisogno di chiedere il permesso a nessuno. Non si preoccupava nemmeno di andare contro ai desideri della sua corte o dei suoi alleati, ben cosciente comunque del fatto che una cosa del genere gli si sarebbe ritorta contro prima o poi. Eppure sentiva di dover conoscere le opinioni di Ethekweard: l'influenza di quell'uomo tornava a ricalarlo nei panni di un cavaliere e a dismettere quelli del re, con tutte le logiche che quel ruolo comportava. Vero era che l'altro difficilmente taceva quando sentiva di dover manifestare il suo parere con il sovrano, specialmente perché questi gli aveva sempre fatto comprendere che poteva parlare liberamente in sua presenza. Era anche per quello che preferiva incontrarlo da solo, senza nessun altro della corte: potevano parlare semplicemente, senza tutte le sovrastrutture politiche di cui Eardwulf doveva farsi carico.
    Il cavaliere approvò le idee del sovrano e, come questi ebbe modo di notare, si sentiva molto sicuro di sé e delle capacità dei propri uomini. Anche grazie alla fiducia e alla calma dell'altro, riuscì a dimenticare completamente le impressioni che il sogno di quella notte aveva lasciato in lui.
    Avevano stabilito il da farsi nell'immediato, i messaggeri sarebbero stati pronti a partire di lì a poco, quando Ethekweard parlò ancora. Il re allora desistette dal congedarlo e rimase dov'era, con le dita intrecciate dietro la schiena e il busto leggermente proteso verso l'altro, a simboleggiare tutta l'attenzione che gli stava dedicando.
    "Permesso accordato" gli concesse quindi. "Di cosa si tratta?"


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    Dopo qualche attimo di silenzio, bramosamente in attesa che Sua Maestà mi desse la possibilità di discorrere apertamente: attesi. I miei occhi rimasero fissi sul suo volto, mentre la mia postura rigida e rigorosa, tipicamente guerresca piuttosto che da umile monaco: benché gli insegnamenti ricevuti e anche la vita che un tempo avevo svolto raccolto entro quelle mura, cibandomi dei soli frutti della terra e del raccolto, nonché lungi dalle guerre e anche dagli scontri violenti, m'avessero in parte forgiato più di qualunque altro cavaliere del Regno. E questo, perché avevo assecondato totalmente e profondissimamente il volere di Nostro Signore.
    I militi attuali... Avrebbero dovuto bruciare nell'inferno, talmente erano viscidi e licenziosi le loro ambizioni e, amorali i loro istinti nonché i loro desideri. Li scorgevo, con questi miei occhi. Le loro volontà erano racchiuse da un putrido strato di egoismo. Vivevano senza Dio, evitando accuratamente di seguire fedelmente quanto il Cristo aveva predicato. Eccessivamente timorosi di privarsi degli inutili futilità della vita, posseduti internamente e spasmodicamente dai vizi e dai peccati e, erano così assuefatti da non riuscire a scorgere la differenza fra luce e ombra. Solo una manciata di uomini, eguagliavano la mia stessa devozione per Cristo e per l'Altissimo. Non avrei permesso a quegli immondi di partire con me, diretti nel fronteggiare questa nuova minaccia barbara e selvaggia. No, al mio fianco ambivo avere guerrieri speciali, uomini posseduti esclusivamente dalla giustizia divina.
    Era risaputo dopotutto, come il Diavolo tentasse di mettere ovunque il proprio zampino. Quale opportunità migliore, se non ingannare e obnubilare menti danneggiate dalla sua volontà, sfruttando proprio l'arrivo di pagani?
    Inarcai impercettibilmente il sopracciglio e, quando il Re, mi permise di discorrere; non mi scoraggiai e non volli neppure rendere più digeribili le mie affermazioni. Avrei discorso come sempre, con la mia assoluta fermezza e con la più totale onestà; sapendo perfettamente che il Re avrebbe tenuto conto della mia profondissima lealtà.
    Ho notato come alcuni vostri soldati, Mio Re, abbiano col tempo perso la retta via. Ho veduto come alcuni di loro, si siano lasciati lentamente e morbosamente offuscare il giudizio. Non metto in dubbio la loro devozione nei vostri confronti, non discorro di tradimento verso Vostra Altezza ma... Verso Dio e, questo, temo sia un pericolo da non sottovalutare. Dichiarai, proseguendo a fissare negli occhi il regnante. Sire, i pagani approdano sulle nostre terre, sulle nostre coste. Le nostre strategie saranno eccelse ma, non possiamo permettere che questi barbari, i quali sapientemente conoscono in profondità le magie del Diavolo, d'obnubilare ulteriormente il giudizio e la lealtà dei vostri uomini. Continuai dicendo, avanzando di un solo passo. Vi richiedo di poter decidere personalmente la truppa da recare a fronteggiare i nostri nemici. Dissi, issando leggermente il mento. Uomini che antepongono la volontà di Dio e la vostra, sopra ogni cosa. Conclusi, lasciando ad egli la totale decisione.
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    Il sovrano era abituato a ricevere richieste più o meno velate dalla sua corte e dagli alleati. Nessuno faceva niente per niente, era una triste realtà della quale era ormai consapevole da molto tempo. Non a caso, quando aveva disposto, interloquendo con Ethekweard, di non fare parola della nuova invasione dei barbari con gli altri regnanti. Non voleva chiedere loro aiuto, a meno che non fosse stato strettamente necessario non solo e non tanto per ragioni di orgoglio, ma anche perché non voleva rendersi debitore nei confronti degli altri re.
    Eardwulf poi mal sopportava i modi leziosi con cui gli stessi cortigiani gli facevano qualche richiesta, modi così lontani dalla formazione militare a cui era abituato. Eppure non c'era molto che potesse fare: tentava come poteva di mettersi al riparo da tutte quelle pretese, ma era pur sempre il re e doveva concedere qualcosa. Tentava di accontentare quindi solo le persone che potevano sembrare dei creditori meno famelici di altri e concedere i favori dai quali lui stesso poteva trarre un'utilità, per il resto cercava di prendere tempo e di dissuadere.
    Non ultimo, molti nobili facevano pressioni su di lui affinché prendesse in moglie una delle loro figlie. A Eardwulf non sorrideva particolarmente l'idea di dover prendere nuove nozze, ma sapeva che prima o poi sarebbe successo, probabilmente con qualche principessa. Nel frattempo che i tempi maturavano, però, lui tergiversava.
    Era raro che Ethekweard avesse delle richieste da fare, così il re rimase ad ascoltarlo non senza una certa sorpresa. Venne a sapere dalla viva voce del cavaliere che desiderava selezionare personalmente i soldati che avrebbe portato con sé. A suo dire, dovevano essere dei veri Cristiani, solo così avrebbero potuto resistere alle tentazioni del Demonio, giunte sulle loro coste nelle persone di quei pagani.
    Eardwulf espirò leggermente e si passò una mano sul volto, pensieroso. Anche lui era un Cristiano, come tutti in Northumbria, però non riusciva a condividere l'ardore - qualcuno avrebbe parlato di fanatismo - che animava Ethekweard. In verità, il re non credeva che degli uomini di Dio avrebbero avuto più possibilità di sconfiggere i barbari. Ciò che serviva erano uomini forti, pronti, compatti. D'altra parte però nutriva molta fiducia in Ethekweard come condottiero, sapeva che avrebbe selezionato degli uomini valorosi e sarebbe stato in grado di guidarli. Che facesse come preferiva, quindi.
    "E sia, allora" concesse, con una nota di stanchezza che risuonava nel suo tono. Probabilmente, immaginò, i ferventi Cristiani voluti da Ethekweard avrebbero combattuto con più ardore contro i pagani, avendo una motivazione maggiore. "Scegli gli uomini che più ti aggradano; vorrò conoscere i loro nomi prima di darvi il permesso di partire."


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    Ancora una volta la mia richiesta venne ben accolta dal Re, non potei sentirmi più che soddisfatto. Distesi leggermente la rima buccale destra, compiacendomi della riuscita delle mie volontà, seppur esse non rappresentassero che una piccolissima parte di quello che, contrariamente, ambiva spasmodicamente la mia anima.
    Desideravo distinguermi, ben sapendo d'essere più che promettente nel compito e anche nel ruolo che mi era stato affidato. Quello che desideravo più d'ogni altra cosa – oltre ad essere fedele al Re – era quella di creare un esercito, capace d'eguagliare la sua medesima forza. Ambivo lottare in un campo di battaglia, di vincere innumerevoli scontri dimostrando ai nostri alleati ma anche – soprattutto – ai nostri nemici, che la Northumbria era ricca di competenze e strategie. Al contempo però, auspicavo creare un esercito – seppur non eccessivamente ampio nel numero di componenti – tale da dimostrarsi quasi illuminato: giacché protetto dalla mano di Dio. I miei uomini dovevano essere esempio pratico e vivente di rettitudine. Dovevamo differenziarci da tutti quei soldati, completamente sprovvisti di giustizia e anche di moralità. Con un esercito simile, il Re, non avrebbe mai dovuto angosciarsi e angustiarsi per alcunché. Avremmo protetto a suo nome e mediante il sostegno di Dio, ogni singolo villaggio sotto il suo controllo.
    Ed ora, potevo scorgere con questi miei occhi che, quanto auspicato stava lentamente prendendo forma. Alcuni uomini si dimostrarono estremamente abili sul campo di battaglia ma, in quanto a moralità e coscienza, divennero esseri completamente nulli. Di questi individui, non potevo farmene alcunché, giacché il loro essere radicati nel vizio e nella licenziosità: avrebbe guastato completamente e profondissimamente l'intera missione. Ed il Re, concordava con le mie volontà. Non mi sentii mai più vivo e determinato, impaziente di mobiliarmi con i miei uomini, pronto a fronteggiare l'ennesima minaccia. Ciò nonostante, occorreva sempre essere ponderanti.
    Vostra Maestà... Lo richiamai, scorgendo il suo desiderio di congedarsi da me, ma ambii metterlo al corrente anche di questo piccolo particolare: inerente sempre alla mia richiesta. Avevo riflettuto con largo anticipo, sulle persone e sugli uomini – in particolare – di cui volevo avvalermi e, contrariamente, conoscevo i nomi di coloro che non desideravo comandare. Conosco gli uomini di cui necessito e, onestamente, ho ben più in chiaro – nella mente – i nomi di coloro che non ambisco comandare in battaglia. Dichiarai, parlando sempre con estrema sincerità ma non mancando di donare al sovrano la giusta reverenza.
    I fratelli Knut e Arold Findlaich, Athelstan Dub e Eochaid Indulf: sono gli uomini che, a mio dire Vostra Maestà potrebbero certamente compromettere l'intera missione. Illustrai, facendo – senza troppe esclusioni di colpe – i nomi e anche i cognomi di coloro che proprio non ambivo comandare in battaglia. Seppi però dell'azzardo, giacché Eochaid Indulf era il nipote – da parte di madre – del nostro vescovo.
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    Eardwulf di Northumbria; Re
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    Mentalmente, Eardwulf era ancora preso dall'ultimo scambio di battute con Ethekweard, ma era lì per archiviarlo nella sua memoria, concentrandosi su un ultimo strascico di considerazioni circa l'imminente battaglia. Non poteva nascondere a se stesso di non trovarsi perfettamente a suo agio di fronte al fanatismo dell'altro, anche se normalmente dissimulava qualsiasi impressione. Nell'ambito della sua corte, a volte si vociferava di Ethekweard quasi come di un visionario, ma il sovrano si preoccupava solo di sottolineare il suo valore militare e strategico. A Eardwulf pareva quasi di immaginare le obiezioni che il cavaliere avrebbe sollevato circa quelle voci: provenivano da persone i cui animi erano ormai corrotti e che si sentivano perciò minacciate dalla purezza alla quale invece il cavaliere aspirava.
    Sto iniziando a pensare come lui?, si domandò allora il re, quasi sorpreso da se stesso. Ma la verità era un'altra: non sempre riusciva a mettersi nei panni del suo attuale interlocutore, ma poteva dire di conoscerlo e anche di capirlo, in fondo.
    Ad ogni modo, l'urgenza adesso era quella di occuparsi di quei barbari. Eardwulf avrebbe fatto sfoggio di tutta la forza necessaria per scacciarli: le coste della Northumbria erano infestate da troppo tempo, era giunto il momento di scacciare quegli invasori in un modo così esemplare che i pagani che attendevano al di là del mare avrebbero dovuto perdere ogni tentazione di attaccare nuovamente i loro vicini.
    Il re non si faceva scrupolo a usare la forza e la brutalità, consapevole che in fondo anche esse avevano un loro ruolo. In particolare, era conscio di quanto certe immagini e certi eventi fossero suggestivi. Bisognava offrire tanto ai nemici, quanto agli amici, uno spettacolo che non avrebbero potuto dimenticare, in modo da servire come monito.
    Eardwulf mosse un passo verso la porta di legno della cella, punteggiata da borchie di ferro battuto, sul punto di risalire verso i piani superiori. Per lui Ethekweard era congedato, doveva solo attendere che questi tornasse con le notizie circa il contingente che avrebbe condotto sulle coste. Ma a quanto pareva il cavaliere aveva bandito ogni indugio e sembrava sul punto di fornire al proprio re utili informazioni. Così Eardwulf si fermò e ruotò il busto di qualche grado, per tornare a fronteggiare l'altro.
    Questi snocciolò una serie di nomi che il re riuscì a ricondurre ai rispettivi visi dopo brevi attimi di riflessione. Mentre si figurava i volti di ognuno degli uomini nominati, Eardwulf si ritrovò a considerare che quel modo di parlare senza peli sulla lingua era una delle principali ragioni delle antipatie che Ethekweard si era procurato. Ma, per indole, il re apprezzava quella schiettezza e non aveva mai posto un freno al cavaliere quando parlavano a quattrocchi, come in quell'occasione. Tuttavia il fervente cattolico non si mostrava mai particolarmente diplomatico e Eardwulf doveva a volte smussare alcune asperità delle accuse che l'altro scagliava. Ethekweard poteva fare i conti solo con la sua coscienza, ma il re aveva nobili e clero da affrontare.
    Venne a conoscenza delle identità delle quattro persone che il cavaliere disistimava e gli dispiacque scoprire che uno era il nipote del vescovo e un altro paio erano dei buoni combattenti, che si erano distinti in altre occasioni e si erano fatti notare dal sovrano. Eppure Ethekweard sembrava intenzionato a lasciarli fuori.
    Eardwulf si portò una mano alla fronte, come se avesse una forte emicrania.
    "In che modo potrebbero comprometterla, a tuo avviso?" domandò, cercando di comprendere se ci fossero margini di compromesso. "Arold Findlaich e Athelstan Dub hanno in precedenza dimostrato di essere degli ottimi combattenti. Inoltre Eochaid Indulf è il nipote del vescovo, come certamente sai. Sua eminenza sarà piuttosto scontento se dovessi mettere da parte il ragazzo."

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    Osservai le movenze del Re, il quale, credendo d'aver concluso il dialogo con me, si accinse ad allontanarsi: appropinquandosi alla soglia. Ciò nonostante, le mie favelle riuscirono a bloccargli ogni movimento e, seppur discorsi con schiettezza e sincerità – giacché per il Re, non nutrivo alcuna riserba nell'espressione – elencai i nomi di coloro che, mai e poi mai, avrei desiderato comandare ancora una volta.
    Osservai chiaramente, durante le istanze nei villaggi e anche nei territori nemici, come questi s'atteggiarono e, onestamente, non condividevo il loro modo di porsi. Non era solo una mera questione di sopportazione o affinità di temperamento, erano le loro baldanzose e irriguardose atteggiamenti a cagionarmi indisposizione. Alcuni che pronunciai, se non tutti sostanzialmente, possedevano non poche abilità nel combattimento ma, senza discernimento e senza fede in quello che adempievano; i miei comandi non avrebbero attecchito. Ad esempio il nipote del vescovo, essendo a conoscenza delle importanti amicizie del parente, è d'indole altezzosa, ribelle, inoltre, trova estremo diletto fornicare nei villaggi: piuttosto d'assolvere il proprio compito e mansione. Con questa turbe gentaglia, come avrei mai potuto affrontare gli invasori? Ma la questione che più mi premeva era come, questi esseri abbietti, possedessero sostenitori. Non era merito solo delle loro discendenze e parentele, ma anche dalla capacità innata d'accrescere la simpatia altrui. Questo non potevo permetterlo. Non potevo rischiare di perdere il ruolo che tanto a fatica avevo conquistato, combattendo e fronteggiando innumerevoli rivali, determinati – nella maggior parte – a spodestare il Re. Io gli era completamente fedele e, più volte, tentai di metterlo in guardia, restando ugualmente al mio posto, senza indurlo ad ascoltarmi con obbligo. S'era creata un'ottima sintonia fra il reggente e il sottoscritto, di conseguenza speravo che, a merito di ciò, avrebbe sicuramente trovato una soluzione per rabbonire il vescovo: dall'estrazione del nipote.
    Sono consapevole delle loro capacità combattive, mio Sire, ciò nonostante l'abilità di maneggiare una spada non include anche la fedelissima determinazione e sacrificio, d'adempiere ai propri compiti. Non desidero dipingere questi uomini come possibili disertori o traditori, per l'amore di Dio, ciò nonostante, le loro baldanzose e licenziose abitudini: li rendono eccessivamente schiavi degli istinti. Parlai ancora una volta con profonda schiettezza, auspicandomi che altro non mi inducesse ad aggiungere, anche se, ero del parere che il Re, avrebbe voluto apprendere in dettaglio quanto da me scorto e, anche le mancanze di cui facevo vece nei riguardi di questi soldati.
    E per quanto riguarda il nipote del vescovo, sono più che consapevole della sua parentela influente e, anche della più che probabile irritazione del mon signore; pur tuttavia, sono certo che in quanto uomo di chiesa, nonché diritto portavoce di Dio, comprenderà quanto il suo caro nipotino, sia eccessivamente corrotto dal vizio e anche dalla debolezza carnale. Conclusi, inarcando leggermente il sopracciglio, arricciando le labbra sottili, in un sorriso mezzo dipinto.
    Egli, non conosce la più indulgente regola di combattimento e, onestamente, in battaglia s'atteggia pari ad un barbaro. Osa violenza, su qualunque cosa suscita il proprio interesse e, Vostra Maestà, ha la terribile inclinazione nell'influenzare il prossimo. Entrai velatamente nello specifico, lasciando poi al Re, libertà di comprensione e anche di decisione.
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    Eardwulf di Northumbria; Re
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    In attesa della risposta di Ethekweard, Eardwulf iniziò a riflettere più approfonditamente sugli uomini da lui nominati, nel tentativo di scorgere i difetti di cui parlava il cavaliere e quindi anticipare col pensiero le sue considerazioni. Quanto a Arold Findlaich e Athelstan Dub, aveva poche osservazioni sul loro conto. Personalmente li conosceva a malapena, avendoli incontrati solo in occasioni ufficiali. L'unica cosa su cui poteva pronunciarsi era il loro valore militare e aveva qualche difficoltà ad accontentare Ethekweard circa la loro esclusione dalle battaglie che di lì a poco si sarebbero combattute. Era però anche vero che si trattava di soli due uomini, e se avesse dovuto scegliere tra l'utilità costituita da due braccia forti e abili con la spada e quella di un cervello da stratega, unito alle stesse abilità militari, del capitano, con ogni probabilità avrebbe optato per i secondi.
    Quanto invece al nipote del vescovo, era decisamente meno restio a escluderlo. Aveva sentito parlare di lui, che godeva la fama riflessa del suo ascendente; sapeva che era giovane e irruento, e Ethekweard glielo confermò. Non solo: stando al giudizio del cavaliere, Eochaid Indulf non possedeva nessun merito particolare: l'unico era costituito dall'essere, appunto, il nipote di Sua Santità. Il che, nell'ottica del re, non costituiva nemmeno un pregio, men che meno una virtù: era solo per una fortunata combinazione di eventi che il ragazzo era nato nella famiglia del vescovo, anziché in quella di un guardiano di porci.
    Eardwulf sapeva bene che la logica che dominava a corte era ben diversa: il lignaggio e la parentela erano fondamentali. Ma quando simili caratteristiche assumevano un valore così fondamentale per qualcuno, il sovrano sapeva di avere di fronte gente priva di contenuti. Come amava ripetere spesso, lui era nato prima cavaliere e poi uomo politico, quindi non abbracciava simili convinzioni, che anzi non si faceva troppo scrupolo a ripudiare. Più volte era stato avvisato che ciò lo rendeva un capo impopolare, ma Eardwulf non avrebbe cambiato modo di essere perché sapeva che quello era quello giusto per il suo regno. Finché in Northumbria ci fossero state persone capaci di guardare al valore effettivo degli uomini, il paese avrebbe prosperato. Ma se Eardwulf avesse ceduto alle logiche della sua corte, avrebbe condannato la Northumbria a un declino certo.
    L'uomo ascoltò le parole di Ethekweard con un indice appoggiato sul mento e l'espressione assorta, dopodiché annuì.
    "Quanto a Eochaid Indulf, non ho mai sentito di episodi in cui si sia distinto con la spada, perciò approvo la sua esclusione dal gruppo che condurrai sulla costa" disse senza mezzi termini.
    Non gli importava troppo che Sua Eminenza sarebbe potuto restare scontento. Lui era il re e la sua volontà non si discuteva; se poi il vescovo avesse voluto vedere il nipote vestire i panni del cavaliere e combattere sotto il vessillo di sua maestà, avrebbe fatto bene a formarlo e a educarlo prima.
    "Quanto agli altri due..." Eardwulf allacciò le dita dietro il mantello che gli copriva la schiena. Aggrottò appena la fronte, come se fosse ancora alla ricerca della soluzione migliore. "La possibilità che possano tradirmi è più di un semplice sospetto? Cosa sai sul loro conto?"

    ↘ Non potrai mai guidare questi uomini se non sei disposto a fare tutto il necessario per sconfiggere il male.

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