Ogni decisione avviene nel momento giusto: basta saperlo riconoscere

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    LOTHAR SVENSØNJarl » Copenaghen, Regno Unificato
    background soundtrackDall'evento avvenuto a fine autunno presso il tempio sacro di Lejre passarono diversi mesi, fino al raggiungimento del mezzo inverno. Facemmo assai bene a partire immediatamente dopo la mia ripresa fisica – quella che seguì la degenza dopo la mia rovinosa ferita presso il petto –, altrimenti saremmo stati costretti a viaggiare coi piedi immersi nella neve gelida o, peggio, a non viaggiare affatto. Questa seconda eventualità sarebbe stata a dir poco disastrosa per il mio popolo giacché dopo tutto il favore che gli dei ci elargirono durante la spedizione al di là del mare, sarebbe stato da irriconoscenti non fare neppure un poco di fatica per andare a ringraziarli. Per fortuna, come già detto, le cose andarono a nostro favore, così portammo i nostri doni agli Æsir ed al contempo chiedemmo loro – in privato e segreto – di intercedere per noi stessi affinché alcuni nostri desideri potessero essere esauditi. Da parte mia, non domandai alcunché per me, ma preferii mettere nelle mani benevole di Tyr mia figlia Øvind e la mia amata Astrid. In questo sicuramente sarei stato ascoltato poiché esse erano direttamente protette dal forte dio della guerra, che le scelse quasi quali sue emanazioni, come figlie e protettrici del loro popolo, affiancandole e rendendo l'una alunna dell'altra e, viceversa, la seconda madre della prima nonostante la mancanza di legami di sangue. Era questo che avevo potuto percepire dalle dichiarazioni fattemi da Sigrid, la giovanissima völva del villaggio, nonché da ciò che io stesso potei interpretare dai segni inviatimi dal valhalla. Naturalmente Astrid non avrebbe mai potuto sostituire Helga dentro i cuore della mia piccola bambina, ma avrebbe potuto farne le veci proprio come lei desiderava. D'altronde Øvind perse sua madre molto presto e soffrì sempre molto per la mia sola presenza, oltre tutto precaria e poco affettuosa. Lo capii col tempo che sbagliai nel maltrattarla, riversando su di lei tutta la mia rabbia e frustrazione, ma l'importante era l'essere tornato sui miei passi per rimediare alla situazione. Ora che ero ritornato a fare il padre – il padre vero –, mia figlia aveva perduto un po' di quell'odiosa testa calda che tanto la faceva assomigliare a me, aveva smesso di disobbedirmi solo per provocarmi e soprattutto era tornata a rispettarmi come meritavo in quanto genitore e Jarl. Non desideravo venir onorato come un semplice suddito, questo no, ma per lo meno che non mi facesse arrabbiare per questioni facilmente risolvibili con l'uso di un po' di cervello, quindi ragionevolezza. Sotto tale aspetto era cresciuta molto ed in pochissimi mesi. Non potevo che esserne contento e sentirmi appagato, poiché sentivo che nei suoi confronti l'amore tornata a farsi sentire dopo il gelo profondo durato ben due lunghi anni. Øvind non meritava affatto la mia onta, non aveva avuto alcun ruolo nella morte di sua madre e dei suoi fratelli ed io, errando, fui in grado di farle capire solo questo.
    Tale situazione di rinnovata tranquillità emotiva mi spronò persino a dedicarmi – anche se solo col pensiero – ad Astrid. Come al solito, i nostri impegni reciproci non ci permisero di congiungerci troppo a lungo ed oltre a questo, restammo ancora sempre molto cauti di fronte agli occhi del nostro popolo. Continuammo a fingere che fra noi non ci fosse altro che indifferenza anche se oramai era divenuto difficile non lanciarsi qualche occhiata d'intesa o trattenere i sorrisi. Sì, perché avendola di fronte spesso sentivo che le mie labbra desideravano incurvarsi in un'espressione serena nonostante nulla nel contesto attorno a noi fosse gaio o divertente. Una situazione davvero strana per me, che mi faceva quasi vergognare poiché sentivo di essere tornato indietro nel tempo, a quasi dieci anni prima, quando ancora ero un ragazzone biondo, alto e dai modi eccessivamente bruschi e maneschi, ma tutto sommato di sentimenti ancora morbidi e bonari. Terribile in un certo senso, io non ero più così, ero divenuto più duro e pragmatico, privo di sogni e consapevole che la vita poteva durare un'eternità o finire in un battito di ciglia, che fosse sul campo di battaglia come all'interno della mia langhus. Ma dovevo abituarmi a tutto questo, all'affetto che mi riempiva il petto; qualcosa stava cambiando ed ero io a volerlo, finalmente, dopo le imposizioni degli dei che faticai ad accettare. Ci pensai bene sopra, ponderai a lungo, forse troppo, ma mi presi tutto il tempo necessario. Ci vollero mesi per arrivare ad una degna conclusione, mi chiusi spesso in me stesso, tacqui, non incontrai nessuno e non feci presente ad anima viva dei miei dubbi. Semplicemente agii da solo, nell'ombra, poiché non ritenni necessario coinvolgere alcuno, neppure i miei familiari. Lo sapevo perfettamente che ogni mio gesto in qualche modo ricadeva sulla comunità tutta e che quindi avrebbe potuto riscuotere successo come astio, ma per una volta volli fare l'egoista e decidere da me. Ero quasi sicuro che nessuno avrebbe osato contestare le mie decisioni, le quali dopo tutto furono spronate da anni di richieste incessanti: lo Jarl doveva dare il buon esempio, lo Jarl doveva prendere nuova moglie e lo Jarl doveva donare al suo popolo altri figli. Non lo volli per molto tempo, non ricercai condizioni favorevoli affinché tutto ciò avvenisse, ma presto il peso della mia condizione si fece sentire e non potei far altro che piegarmi ed accettare quanto mi veniva chiesto. Agli dei non si poteva disobbedire, pena la punizione ed io di punizioni ne subii anche troppe. Era giunto il momento di spezzare questa odiosa catena di dolore e cominciare ad accontentarli, cosa che cominciò con l'accettazione del futuro di mia figlia.
    Una sera di mezzo inverno inviai i miei schiavi a fare il giro del villaggio e a convocare tutti i cittadini presso la mia langhus per l'indomani mattina, nel momento in cui il sole raggiungeva il suo punto più alto in cielo. Non avrebbero potuto scorgerlo distintamente dato il tipico colore perlaceo della volta celeste durante l'inverno e specialmente dopo nevi copiose, ma sarebbero giunti puntuali come sempre, non ne dubitavo. Mentre l'annuncio veniva sparso per tutto il villaggio, mi chiusi dentro l'abitacolo ligneo, ben scaldato dal focolare, e mi dedicai un po' a mia figlia. Ci mettemmo insieme nel mio grande giaciglio, ci avvolgemmo all'interno delle pellicce e ci abbracciammo. Baciai la fronte della piccola bionda e poi le parlai, raccontandole una storia mitica antica quanto la terra che calpestavamo ogni giorno. Cullata dalla mia voce bassa e roca riuscì a rilassarsi ed infine si addormentò. Tenendomela stretta, rimasi a guardarla lambita dalla fioca luce delle torce sino a che queste non si spensero, lasciando solo il buio più profondo attorno a noi. Non riuscii a dormire, chiusi gli occhi, ma il mio spirito rimase vigile fino al sorgere del sole. Pensai per tutta la notte, mi annotai alcune favelle dentro la mente e le ripetei più e più volte. Alla fine fui costretto ad alzarmi, svegliai la bambina e poi la lasciai sola per permetterle di lavarsi al caldo del fuoco, aiutata da una schiava. Durante l'attesa andai a trovare mia sorella Jofrid. La vidi intenta ad imboccare il suo figliolo che era diventato forte e robusto come suo padre. Questo, durante il sorseggio insieme di un boccale di latte scaldato, tentò di strapparmi di bocca qualche confessione circa la chiamata comunitaria di quella mattina stessa, ma non gli risposi. Se ne risentì, ma non me ne preoccupai. Appena possibile, ci recammo insieme presso la mia piccola langhus – come sempre non avrebbe potuto contenere ogni singola anima –, là dove a breve avrei accolto il mio popolo tutto. Prima di accomodarmi sul mio scranno, invitai mia figlia a raggiungere sua zia.
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    ASTRID SKOVGuerriera » Copenaghen, Regno Unificato
    background soundtrackTrascorsero svariati mesi e, nulla apparve agli occhi dei nostri conoscenti immutato. Tutto si mantenne contrariamente simile e uguale alle stagioni passate, ma per quanto mi riguardava, tutto era cangiato. Dalla sera d'autunno, la quale spesi in compagnia di Lothar, immersa nel bosco e celata agli occhi e alle orecchie dei nostri compagni, avvertii la sensazione che nulla sarebbe mai più ritornato agli esordi. Nonostante la promessa e il giuramento fatto agli Dèi, ai quali promisi che presto o tardi avrei fatto luce sui voleri e sulle aspettative di Lothar, attenendomici senza rifiutare o indignarmi, mancai di scorgere momento adatto per pronunciare di queste favelle. Asserire se fu causato esclusivamente dalla nostra incapacità di ritrovarci soli – per via degli impegni e delle diverse mansioni che svolgevamo all'interno del villaggio – o se per mia sola codardia: non riuscivo né potevo affermarlo con certezza.
    Trascorsi molte notti, voltandomi più volte sul mio semplice ma caldo talamo, tentando in qualche modo di costruirmi nella mente un breve monologo, il quale potesse dimostrarsi comprensibile e schietto: cosicché avendo totale controllo sulle mie parole sarei stata in grado di sfruttare il momento, quando questo si sarebbe presentato. Ciò nonostante, non fui mai capace. Le favelle le avevo ben chiare nella mente, tuttavia appena si presentava l'occasione – seppur breve e minima – in cui Lothar era lasciato a se stesso, libero dalla constante presenza di suo cognato Jorn o di sua sorella, oppure degli altri guerrieri che richiedevano di conferire con lui: avanzavo di un passo che, improvvisamente – sbucando dal nulla quasi – un'altra figura mi superava prendendo e pretendendo l'attenzione dello Jarl. In alcune occasioni questo impedimento fu visibilmente attuato da Øvind; la quale seppur non comprendesse o intuisse cosa ambissi adempiere ella mi surclassava, richiedendo giustamente l'attenzione di suo padre. Ero estremamente contenta e compiaciuta del loro ritrovato rapporto, era giusto che una bambina crescesse con l'affetto e la guida del proprio genitore ma, dovetti ammettere che alcune volte m'irritai per la mia incapacità d'impormi. Non fui mai una codarda e non fui mai incapace di farmi valere, eppure in questa circostanza mi dimostravo la più vigliacca esistente al mondo. In altre occasioni, invece, ricevevo qualche spallata da Andvett o da Jorn stesso. Il primo ormai, aveva perduto qualsiasi rapporto amichevole nei miei confronti. Lui sapeva, o meglio sospettava, lo aveva intuito così come in quella landa straniera, compresi anch'io da quale vero e reale sentimento egli si fosse avvicinato a me e, per anni mi avesse consigliato e guidato. Indubbiamente non mettevo in dubbio il suo affetto amicale degli esordi, ma col senno di poi, negli ultimi anni, ebbi sufficientemente prove di come il suo riguardo avesse assunto sfumature differenti e proibite.
    Io lo reputai sempre ad un fratello e come tale mi comportai nei suoi confronti. Non l'amai mai. Andvett lo comprese e l'accettò, ma pose immediatamente fine alla nostra amicizia; anzi, divenne quasi mio nemico. Per quanto riguardava Jorn... Restavo sempre più stupita e sbigottita della sua furbizia. Il modo in cui mi fissava in alcune occasioni, era capace di farmi irritare esponenzialmente ma, anch'io ero brava nel mascherarmi: non sempre riuscivo però! Ad esempio, quando accidentalmente ci ritrovavamo tutti richiamati e richiesti da Lothar, non mancarono occasioni in cui i nostri sguardi si ricercarono e, talvolta, mi ritrovai anche ad addolcire o distendere la mia espressione – abitudinariamente seria e concentrata – facendo sbucare un pallido sorriso. Jorn sembrava notarlo e tentava sempre di comunicarmi qualcosa mediante lo sguardo e, sebbene fossi consapevole anche da me quanto imprudente fosse esternare certi sentimenti: non sempre riuscivo a smussarli. Un incontro schietto come quello avvenuto entro la tenda, mentre provvedevamo a curare e medicare Lothar incosciente non lo ricercò nuovamente. Fu senz'altro un bene, poiché in questa occasione avrei messo in mostra tutta la mia determinazione e volontà nell'incitarlo ad impicciarsi degli affari suoi.
    Ricevetti la visita di uno dei servi di Lothar. Era ormai calato il sole da diverse ore e il cielo aveva assunto l'inconfondibile manto corvino. Fu il mio schiavo a schiudere l'uscio e informarmi di chi mi richiedeva. M'appropinquai alla soglia e scorsi quell'uomo, che per qualche tempo, un anno addietro, fu considerato quasi mio pari. Cosa vuoi? Domandai, trovando estremamente curioso che Lothar avesse mandato il suo servo a bussare alla mia porta. Egli asserì che il volere del suo padrone era quello d'indire un'assemblea il mattino seguente. Mossi il capo, annuendo e infine richiusi la porta, mentre il servo continuò con il suo giro di richiami. Mi domandai da cosa fosse scaturito tutto questo, dopotutto l'inverno era ancora saldo e nulla lasciò intendere la volontà di Lothar di ritornare a saccheggiare le terre straniere; avendo sufficientemente gemme e argento recuperato proprio da quei villaggi e corti. Doveva forse informarci di un nuovo nemico? Un nostro alleato era venuto meno alla parola data? Molti erano i quesiti che mi gremivano la mente, ma cercai di non pensarci a lungo. Congedai il mio servo e infine mi distesi sul talamo, colmo di pellicce. M'addormentai dopo diversi minuti, stremata e stanca a causa della giornata intensa vissuta e svolta. I miei incarichi si mostrarono sempre molto gremiti e intensi e, non accennavano a diminuire. Andvett sembrava particolarmente determinato a stremarmi quasi sino allo stremo, ma non mi lamentavo; per lo meno, nella mia solitudine, potevo rammentarmi e studiarmi le favelle che avrei – prima o poi – rivolto a Lothar. Il mattino dell'assemblea albeggiò. Mi levai come ogni volta, prima dell'alba e svolsi le mie quotidiane abluzioni. Non mancai finanche di riempirmi un poco lo stomaco con quanto possedevo nella dispensa, almeno una porzione che riuscisse a sfamarmi sino al mezzo dì. Successivamente indossai la mia consueta tenuta da guerriera, non mancando però d'indossare il ciondolo e gli orecchini – dono fattomi da Lothar stesso – poiché... Beh, ero sicura che nonostante il mio aspetto estremamente mascolino allo Jarl, avrebbe fatto piacere notare questi accessori: i quali in un certo senso concernevano e lo legavano a me. Uscii dalla mia langhus recandomi in quella di Lothar. La sala dove fummo radunati era gremita, le spalle pigiavano e sfioravano quelle dei nostri compagni e, sembrava impossibile muoversi di un millimetro. Incrociai le braccia sotto al seno, restando pressapoco a metà della fila, decentrata verso il fianco sinistro; poiché così potevo avere sempre sotto controllo i miei compagni e al contempo riuscivo a prestare il doveroso riguardo allo Jarl; il quale si fece trovare seduto sullo scranno. Lasciai vagare lo sguardo, andando alla ricerca di Øvind e di Jofrid ma non le vidi.

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    LOTHAR SVENSØNJarl » Copenaghen, Regno Unificato
    background soundtrackLa mia dimora tutto sommato piccina e vuota - poiché abitata solo da me e mia figlia – rimase silenziosa per qualche altro minuto ancora, poi allo scoccare dell'ora indetta per l'appuntamento e diffusa solo la sera prima dai miei servitori, i primi ospiti cominciarono ad affluire. Non rivolsi l'invito solo ai guerrieri come facevo di consueto, ma lo estesi anche alle loro famiglie, o per lo meno a tutti i membri che avrebbero potuto spostarsi dalla propria dimora. Mia sorella, ad esempio, mancava poiché non se la sentiva troppo spesso di portare con sé il figliolo ancora piccino ed inoltre sapeva che le avrei affidato momentaneamente Øvind. Non sembrava, ma Jofrid era una donna e una madre estremamente apprensiva e raramente affidava il suo cucciolo alle schiave; preferiva tenerlo con sé stringendoselo al petto e tenendolo teneramente in braccio. In pratica, il fanciullo viveva costantemente al suo fianco ed era una caratteristica che le avevo spesso contestato. I bambini bisognava accudirli ed amarli, certamente, ma non trattarli come oggetti estremamente fragili. Ad un certo punto dovevano cominciare a cavarsela da soli a mio parere e a scoprire il mondo senza la mediazione di alcuno, persino farsi male in modo tale da capire da soli che la prossima volta non avrebbero più dovuto fare gli spericolati. Io crebbi così e così anche lei ed allo stesso modo allevai i miei figli finché gli dei me li vollero lasciare accanto. Non ebbi mai problemi di alcun tipo, divennero forti a loro modo e per quanto la loro tenera età potesse consentire; il mio piccolo Otho sarebbe di certo divenuto come me, alto, biondissimo e un ottimo guerriero. Ad ogni modo temevo che la mia giovane sorella fosse rimasta estremamente spaventata da quanto accadde a me oramai tre anni prima e per questo era divenuta una madre ansiosa; non potevo darle torto, d'altronde, ma ritenevo persino che il passato fosse passato e che non fosse necessario vivere nella paura costante. Dovevamo tutti quanti andare avanti, rimboccarci le maniche e ricostruire la nostra comunità distrutta. Sicuramente nessuno e niente sarebbe stato in grado di lavare l'onta dai nostri cuori, ma potevamo superarla o per lo meno alleviarla dandoci da fare per accudire ciò che c'era rimasto. In effetti se non mi fosse rimasta Øvind, nonostante gli screzi iniziali e tutti i fastidi che mi procurò, non avrei saputo come trovare la forza per andare avanti. Di questo dovevo ringraziarla, anche se non provai mai a farlo.
    Entrò il primo guerriero, un uomo di poco più grande di me, seguito dalla sposa e da un figlio maschio prossimo a ricevere il bracciale in segno di fedeltà a me. Oramai era pronto ed entro la fine dell'inverno, alla prossima cerimonia, lo avrei ornato di tale onore. Si fecero avanti silenziosi e l'uno accostato all'altro, rivolgendomi un sorriso e un cenno col capo, che ricambiai immediatamente. Udendo quei passi sconosciuti, il mio cane, Wotan, che fino a quel momento rimase nascosto in un angolo caldo della langhus si fece avanti, cauto, ma pronto a colpire all'evenienza. Indispettito, si avvicinò alla famigliola e cominciò ad annusarla. Avendo notato che io non mi ero allarmato, anche lui si rilassò facilmente anche se al primo cenno da parte del ragazzino di volerlo accarezzare lui si tirò indietro. Girò le scapole pelose e mi raggiunse, posandosi poi ai miei piedi, seduto elegantemente per quanto la sua stazza potesse permettergli. Dalla parte opposta vi era Jorn, con la sua grande mano posata sul bordo dello schienale del mio scranno. Piegato un po' verso di me, mi stava parlando tranquillamente ed io gli annuivo. Non lungi l'affluenza cominciò a farsi consistente e sussurrare fra noi divenne quasi impossibile, così mio cognato issò il capo ed io puntai gli occhi sulla folla che lentamente si stava formando, ma senza guardare qualcuno in particolare. Attesi solo che la sala si potesse riempire; la sua capacità non era molta, purtroppo buona parte del mio popolo avrebbe dovuto restare all'esterno, ma sempre meglio che lasciarli tutti quanti fuori al freddo, coi piedi nel lieve manto umido. Ad un tratto fra una testa e l'altra riuscii a scorgere anche una capigliatura scura, bruna, che non mi lasciò dubbi: apparteneva ad Astrid. Non era mai stato difficile per me distinguerla fra tutte quelle teste chiare o al massimo rosse. Purtroppo però non potei scambiarmi con lei un'occhiata diretta, così continuai a lasciar vagare le iridi cerulei tra un viso e l'altro.
    Quando oramai l'interno della mia dimora lignea sembrò non poter contenere più nessun altro né l'uscio chiudersi a dovere, Jorn mi fece notare che a suo parere avrei potuto cominciare a parlare. Non indugiai e dopo aver posato entrambe le mani sui braccioli della sedia robusta e solida, mi issai in piedi. Non mostrai di me alcuna fattezza insolita o particolare, ma solo il mio semplice vestiario pesante ed imbottito da numerosi strati, la cintura ornata dallo scramasax e una pesante pelliccia di lupo grigio sulle spalle. Poi, naturalmente, alle mani portavo qualche anello prezioso, di forgiatura massiccia ora avvenuta in queste terre ora in quelle al di là del mare dove per mesi saccheggiammo ogni lembo di terra disponibile. Fratelli! Esclamai con la mia voce roca e spessa per richiamare a me tutta l'attenzione. Il chiacchiericcio si affievolì subito e il silenzio mi avvolse completamente. Pur essendo un uomo superbo, non amavo trovarmi al centro delle questioni, ma il mio ruolo di Jarl implicava anche questo. Attesi solo un momento ancora, dopo di che ricominciai a parlare. Immagino che vi starete chiedendo perché quest'oggi ho invocato qui anche le vostre spose e i vostri figli... Dissi per poi zittirmi un'altra volta come a voler ricevere un responso da parte del mio popolo anche se forse avrebbero continuato a tacere, assorti dall'inizio del mio discorso.
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    ASTRID SKOVGuerriera » Copenaghen, Regno Unificato
    background soundtrackOltre a me, entrarono ancora altre figure e persone appartenenti al villaggio, sebbene non li conoscessi profondamente. I loro visi mi comunicavano qualcosa di famigliare, ma oltre ad esso non riuscivo proprio a giungere. Era impossibile rammentarsi di tutti, giacché per quanto il villaggio fosse moderatamente ampio, solitamente le famiglie e finanche i guerrieri erano abituati nel trascorrere il tempo sempre con le medesime persone. Si aveva una cerchia ristretta di amicizie e, sebbene si potesse scambiare qualche favella con questo o quell'altra, difficilmente si era capaci d'associare ad ogni viso un nome. Nonostante possedessi buona memoria e fossi anche piuttosto brava nel rammentarmi i volti e i lineamenti facciali, diversamente la ero con i loro nomi. Mi ritrovai a collaborare con i guerrieri, alcuni dei quali non rientravano prevalentemente nella cerchia delle mie conoscenze ma, gli appellativi vennero immediatamente dimenticati. Presumibilmente persino io passavo inosservata. Indubbiamente quando mi ritrovai a calpestare per le prime volte il suolo di questo villaggio, divenni improvvisamente un'attrazione per tutti coloro che lo popolavano da anni se non da generazioni: susseguentemente tutto l'interesse e la curiosità su una giovinetta orfana ma desiderosa di intraprendere la via del guerriero doveva aver superato ogni sorta di riguardo o favoritismo. In effetti, passai inosservata per moltissimo tempo, per anni, tuttavia improvvisamente tornai nuovamente sulla bocca di alcuni, specialmente dopo le innumerevoli diatribe che in qualche modo coinvolsero Lothar e me. Molti chiacchierarono e anche la punizione che lo Jarl – a quel tempo – volle riserbarmi, non indusse alcuno nel lasciar inosservato l'accadimento. Oltre a quel fatto, si aggiunse anche il rapimento mio e di Øvind, ennesima situazione che mi riportò ad emergere dinnanzi a tutti. I guerrieri invece, potevano asserire di conoscermi un po' meglio, rispetto alle donne, i bambini e gli anziani. Con loro trascorrevo la maggior parte del tempo e del giorno, finanche della notte, e seppur ci ritrovassimo di tanto in tanto seduti gli uni accanto agli altri, attorno ad un fuoco, non si era instaurata quel rapporto amichevole. Ci coprivamo le spalle in battaglia, così com'era d'uopo, ma dallo spezzarsi della mia amicizia con Andvett e antecedentemente con Haàr; non ricercai né tentai di recuperare ciò che avevo perduto. Mi ero resa conto che, nonostante le mie buone intenzioni, riuscii ugualmente nel ritrovarmi immischiata in una situazione spiacevole e non voluta.
    Incrociando le braccia sotto al seno, mi limitai a lasciar vagare lo sguardo. Partii da Lothar, il quale sedeva sullo scranno e successivamente volsi i miei occhi di lato; contemplando chiunque fosse presenziato e avesse preso posto al suo fianco destro. Vidi Snorri e la sua famiglia, così come Andvett e sua moglie e i suoi figli e proseguendo immancabilmente trovai Haàr appropinquato e stretto al fianco di Yrsa. Quella sera al tempio, dal modo in cui li lasciai intuii che qualcosa di molto profondo era nato fra di loro. Continuando nello sguardo, scorsi Grima affiancata dal maniscalco. Era vedovo eppure al suo fianco oltre alla guerriera, stringeva anche sua figlia; l'ultima nata e sopravvissuta all'agguato ordito a tradimento di Bothvar. Era prossima al compiere quattordici anni e, benché fosse ormai in età da marito, suo padre non sembrava tanto entusiasta di cederla ad un compagno. Era estremamente geloso della sua piccina e, non faceva nulla per nasconderlo. A volte poteva divenire anche divertente e buffo, sebbene mancai di lasciarmi trasportare troppo dall'ilarità. Mi sentii osservata, dunque brevemente feci fluire lo sguardo e, incrociai le iridi di Sigrid. Mi fissava con insistenza e spregiudicatezza. Inarcai il sopracciglio, ricambiando il riguardo e indurii sempre di più la mia espressione. Distolse lo sguardo, allorché mi considerai vincitrice di quella silenziosa e allusiva sfida: iniziata dalla donna stessa. Che strano... Pensai notando in quel momento che fra i presenti non vi erano solo guerrieri ma anche donne, bambini e anziani. Lothar ha convocato tutti, senza alcuna eccezione. Continuai a cogitare, aggrottando ulteriormente le sopracciglia: facendomi cogitabonda. Non ci parlerà di guerra o di nemici, altrimenti ci saremmo stati solo noi guerrieri e, sono sicura che non avrà alcuna intenzione di salpare: in direzione delle coste straniere. Riflettei sempre nella mia mente, arricciando anche le labbra. Mi sembrava un poco strano che avesse richiamato tutti, ma ciò che mi lasciò ancora una volta più riflessiva, fu l'assenza di sua sorella e di sua figlia. Doveva necessariamente significare qualcosa. Erano presenti le spose e le madri di molti del villaggio: perché loro no?
    La voce tuonante di Lothar richiamò la mia attenzione. Mossi il capo, inducendo i miei occhi a soffermarsi sulla sua persona. S'alzò, abbandonando la seduta dello scranno e iniziò a discorrere. Parlò e, onestamente, seppe leggermi bene nella mente e supposi anche in quella di tutti gli altri. Non mancarono difatti guerrieri, anziani e donne intenti ad agitare il capo annuendo, mentre altri – i più audaci per natura – esplicarono verbalmente le loro considerazioni: mantenendosi però brevi nel proferirle.
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    LOTHAR SVENSØNJarl » Copenaghen, Regno Unificato
    background soundtrackCome previsto, non ricevetti una risposta a voce alta e spianata, ma solo annuimenti e versetti che comunque riuscirono a farmi capire che la curiosità nel mio popolo era alta. Bene, era un buon segno: tutti mi stavano ascoltando ed erano interessati a quanto dicevo pur non conoscendo l'argomento che avrei protratto. Mi mossi, incrociando le braccia presso il petto piatto ed ampio; poi, per qualche istante, abbassai il mento barbuto ed inarcai il sopracciglio biondo. Non fu un'espressione dovuta al dubbio di qualcosa, ma solo un gesto del mio volto privo di significato; quasi non mi accorsi averlo fatto. Quest'oggi vi confido, mio popolo, che gli ultimi mesi hanno rappresentato per me un lungo momento di riflessione, nonché di osservazione. Da quando siamo tornati dalle terre lontane, quelle oltre il mare, i miei occhi si sono soffermati ogni singolo giorno su di voi. Ripresi a dire, parlando con il tono di voce piuttosto alto in modo tale che potessero udirmi non solo all'interno della mia langhus, ma anche all'esterno per quanto possibile. Ero comunque sicuro che qualcheduno là fuori si sarebbe offerto di riportare le mie parole ai suoi compagni affinché tutti potessero recepire i miei messaggi. Mossi così anche i piedi, dirigendomi prima verso la mia destra e poi alla mia sinistra. Compii passi lenti e non troppo profondi; camminai poiché non mi piaceva restare immobile dinnanzi a tutti quegli occhi – soprattutto azzurri – fissi sulla mia persona. Mi facevano sentire soffocato ed intrappolato al pari di un animale feroce catturato e messo in gabbia. La mia indole selvaggia ed indipendente non stentava a mostrarsi neppure quando dovevo comportarmi da Jarl, aihmè, ma sapevo come tenere a bada quelle brutte sensazioni; non a caso agii immediatamente, cercando di scaricare la tensione nel modo a me più congeniale. Con estremo piacere ho potuto notare quanto la mia gente sia stata forte e determinata, quanto la caparbia e la voglia di andare avanti abbia guidato i loro cuori. Questo mi riempie enormemente di orgoglio. Ripresi a dire e poco dopo smisi di guardare le punte dei miei calzari di pelle, pesanti e lievemente sporchi di fango a causa delle camminate sulla terra umidificata dalle piogge e dalla neve mista a terra. Puntai ancora una volta le mie iridi sui volti di tutti anche se riuscii a riconoscere solo la metà delle persone presenti; non perché ignorassi la loro identità, ma perché era difficile soffermarsi a lungo su ognuno. E poi non volevo stipulare alcuno sguardo prolungato con chicchessia, anche se dovetti ammettere che mi misi nuovamente a cercare il volto di Astrid. Avevo individuato il suo capo in precedenza, ma il fatto di scorgerlo nuovamente mi avrebbe infuso maggior sicurezza. Volevo che ci fosse, volevo che presenziasse al mio discorso e se avessi potuto l'avrei posta in una posizione privilegiata. Ad ogni modo, ritenni che non fosse saggio continuare a bramare la sua figura, qualcuno avrebbe potuto notare la mia spasmodica ricerca di una persona in particolare e per il momento sarebbe stato meglio scongiurare la cosa.
    Ebbene, miei fratelli e sorelle, credo che sia giunto il momento di guardarci attorno e valutare cosa abbiamo costruito negli ultimi anni. Dissi, riprendendo al contempo col moto delle mie gambe, che disegnavano falcate poco estese sul pavimento. Inevitabilmente scricchiolò quando schiacciato da mio peso consistente, ma questi rumori non riuscirono a molestare il discorso, d'altronde suoni simili venivano emessi ogni volta che qualcheduno si muoveva fra la folla. Ne sono passati tre dal giorno in cui la nostra comunità è stata duramente colpita al suo cuore, alla sua essenza. Rammenterete anche voi quei tragici momenti e gradirei che non lo dimenticaste mai. Per questo, fratelli, vi chiedo di raccontare l'evento ai vostri figli, cosicché possano rendersi conto di ciò che non hanno avuto sotto i loro occhi di fanciulli e valutare da soli ciò che hanno adesso. Aggiunsi, cominciando ad introdurre la parte essenziale di ciò che intendevo dire al mio popolo, anche se naturalmente ci sarei giunto per gradi, a piccoli passi e con calma. Non vi era fretta alcuna. In particolare però mi rivolsi ai giovani e giovanissimi del nostro villaggio, a quelli che all'epoca non furono in grado di rendersi conto della catastrofe giacché di pochi anni e a coloro che, come Øvind, un minimo poterono partecipare alla questione. E poi, naturalmente, anche a coloro che sarebbero stati prossimi ad entrare nell'età adulta.
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    oahQFW5
    ASTRID SKOVGuerriera » Copenaghen, Regno Unificato
    background soundtrackRitornò molto presto il silenzio e, Lothar, lo sfruttò sapientemente per riprendere il filo del discorso. Iniziò a parlare e con le favelle prese anche a muoversi, seppur moderatamente non allontanandosi troppo dallo scranno che aveva abbandonato antecedentemente. Jorn proseguiva nel restare appropinquato a quell'arredo, osservando – spostando semplicemente gli occhi, lasciandoli placidamente slittare – il proprio cognato ma, non fu il solo. Tutti i presenti, chi poco chi più, seguirono il movimento, l'allontanamento e finanche – in base alla propria ubicazione – ravvicinamento dello Jarl, cercando di prestare il massimo riguardo alle parole.
    Dovetti ammettere che le favelle seguenti a quella che fu una domanda, mi lasciarono ancora più incuriosita e confusa. Solitamente Lothar aveva l'abitudine di discorrere procedendo per gradi, ovviamente, ma era anche determinato nel portarci al fulcro della questione. Non era avvezzo a girare prepotentemente attorno ad un concetto e, avendo una natura e un temperamento molto schietto e a tratti – per nulla velati – brutale, questa caratteristica non mancava a palesarsi e mostrarsi ai nostri occhi. Eppure questo mattino, sembrava determinato nel procedere lentamente, andando a pungolare ogni singolo punto, quasi temesse potessimo non seguirlo nelle sue esplicazioni verbali. Affermò d'aver speso questi ultimi mesi a riflettere, eppure mancò di insinuare quali furono i pensieri che tanto lo afflissero. Provvide nel complimentarsi con noi tutti, per i risultati che ottenemmo e anche per il valore che dimostrammo quando la situazione ce lo richiese. Sul volto di molti comparvero sorrisi, gli sguardi sembrarono anche illuminarsi di orgoglio e, non furono solo gli uomini a mutare queste espressioni ma anche le loro mogli, madri e figli. Il successo dei guerrieri rappresentava motivo di orgoglio e fierezza per tutto il villaggio e, così, quando le situazioni drammatiche si palesavano e non vi era alcuna possibilità di sconfiggerle: il fallimento era avvertivo da chiunque.
    Lothar annunciò il suo personale orgoglio, emozione che suscitò molta empatia e un accrescersi di riguardo nei suoi confronti. Lo si vide particolarmente su quei volti, i quali, erano famosi per non essere fedelmente e schiettamente sostenitori dell'attuale Jarl. Naturalmente alcuno si dimostrò tanto sconsiderato o semplicemente sciocco da dimostrarlo in passato, o recentemente, in seguito a quanto accaduto col precedente Hersir. Quello che accadde ad egli e alla sua famiglia, nonché quello che successe e conseguì il trapasso di tutti coloro che tentarono di appoggiarlo diventandone così complici; aveva chiaramente lasciato un segno nel cuore di tutti: anche fra i nemici di Lothar. I successi ottenuti nella terra straniera, gli permisero anche di chiudere la bocca a chi, aveva la constante abitudine di giudicare la guida e il suo comando. Era il suo temperamento, il suo modo d'approcciarsi alle persone e anche la sua indole nonché la sua visibile fierezza a renderlo facile nel conquistarsi l'antipatia altrui. Io col tempo imparai a conoscerlo, a scoprirlo e beh... Molte cose erano cangiate dal giorno in cui, lo conobbi. Quell'occasione non fu neppure da considerarsi il nostro primo incontro, sebbene non lo rammentassi con lucidità e chiarezza. Ricordavo il giorno in cui venne eletto e prestai giuramento, ma prima di quell'episodio la sua figura, la sua presenza – così come quella di sua moglie e dei suoi figli – erano velati dall'ombra: come se non fossero mai realmente esistiti.
    Immancabilmente ci fu il rammento, il ricordo del bruciante tradimento di Bergthor. Molti, tutti sostanzialmente perdemmo moltissimo col suo comportamento sconsiderato e, la conseguenza a cui sopraggiunse fu la morte per mia mano. Voltò letteralmente le spalle ai suoi fratelli e sorelle, ci vendette tutti come se fossimo divenute bestie da macello e, non ebbe alcuno scrupolo nello spezzare vite innocenti; come quelle di bambini e anziani: impossibilitati dall'età avanza di potersi difendere. L'unico a conoscenza di quanto accaduto e del responsabile della fine di Bergthor era Lothar, nonché alcuni miei compagni di battaglia: quelli che avevo considerato più stretti. Presumibilmente questi ultimi avevano solo la sensazione, o intuirono che qualcosa era accaduto ma, la sicurezza, l'ammissione e la minuziose descrizione del trapasso di quel traditore la fornii solo all'attuale Jarl.
    Umettai il labbro inferiore, socchiudendo leggermente gli occhi rendendo così il mio sguardo molto più penetrante e concentrato, oltre nell'essere estremamente riflessivo. Dovevo ammettere che la curiosità mi stava uccidendo e, se mi fosse stato possibile, avrei incoraggiato e spronato Lothar nel giungere al fulcro del discorso ma... Non mi era permesso e non sarebbe stato visto di buon occhio. Respirai profondamente, tentando di placarmi: pazientando.
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    YyTXaKm
    LOTHAR SVENSØNJarl » Copenaghen, Regno Unificato
    background soundtrackIl mio dire non suscitò solamente consenso da parte dei membri del popolo, ma anche il desiderio di intervenire con battute sciocche ed ironiche. Per questo un guerriero, issando la sua voce gutturale e un po' gracchiante, si fece notare fra tutte le teste bionde. Individuai la sua figura solamente perchè le persone situate accanto a lui si voltarono per guardarlo, ora perplessi ed ora in accordo. Una sorta di corona di occhi attorniò l'uomo di parecchi anni più grande di me, ma non così anziano da doversi ritirare dalle battaglie; poteva essere quasi coetaneo di Snorri, insomma. Credi che non lo abbiamo già fatto, Lothar? I miei nipoti sanno perché la loro langhus è andata a fuoco, ma sanno anche perché respirano ancora. Disse l'uomo, cercando con un mezzo alquanto subdolo di farmi apparire stupido dinnanzi agli occhi dei cittadini, nonché di mettere in mostra il suo eroismo. Era palese che il suo intervento nascondesse il volere di far sapere a tutti che aveva salvato la sua famiglia. Non potei fare a meno di pensare che quello fosse un affronto bello e buono, un insulto personale; non fu la prima volta che ne ricevetti di simili, ma li odiai tutti allo stesso modo. Aveva ragione anche se non lo pronunciò a voce alta, io non ero stato in grado di proteggere i miei cari – morirono tutti sotto i miei occhi obbligati a guardare lo scempio di carne e sangue –, ma contro molti uomini in totale solitudine non potei fare molto. Fui colto all'improvviso e solo l'intervento di Jorn insieme ad altri guerrieri potè assicurarmi la gola ancora intatta; io questo non lo avevo mai negato. Ero oltremodo riconoscente a mio cognato e agli altri commilitoni, ma se fossi stato in grado io avrei fatto la medesima cosa per loro. Toccato nel vivo della mia sensibilità, fui pronto a difendermi, avanzai persino di un passo, ma poi, rendendomi conto che non mi trovavo colà per fare baldoria, mi placai. Fu forse una delle poche volte in tutta la mia vita che riuscii a controllare la mia ira, senza permetterle di sfogarsi. Lo avrei strozzato con le mie stesse mani a quell'infamante odioso. Ma nulla mi vietò di guardarlo in maniera truce ed intensa, con le fiamme nelle iridi. Credo che sia importante che i nostri giovani sappiano che è necessario risorgere dalle proprie ceneri. Replicai all'uomo, dopo di che non gli diedi più alcuna importanza.
    Ricominciai a muovermi, sempre indirizzandomi da destra a sinistra e poi tornando indietro. I miei piedi facevano un certo baccano a contatto con le lastre di legno, purtroppo. Abbiamo subito un duro, durissimo colpo, ma la nostra gente non è mai stata abituata a piangere su sé stessa e guardate cosa abbiamo adesso là fuori e dentro le nostre dimore... Abbiamo ricostruito un villaggio, abbiamo affinato le nostre armi, abbiamo allenato i nostri corpi e riempito i drakkar di guerrieri che al di là del mare hanno dimostrato tutto il valore. Abbiamo avuto un'occasione enorme e gli dei tutti ci hanno assistiti e guidati, conducendoci all'assoluta vittoria. Continuai a dire, esprimendomi con parole tutt'altro che impastate di retorica, quindi facilmente comprensibili da chicchessia, anche dai fanciulli. Stavo semplicemente esaltando il mio popolo, ecco tutto e non avevo bisogno di sotterfugi intellettuali per farlo. Questo è stato il nostro riscatto, ma non possiamo fermarci. Ho deciso che presto ripartiremo verso quelle terre per cercare altre zone più ricche da depredare e per fare questo ci occorreranno delle alleanze. Ma prima... Mi imposi una pausa giacché udii dei bisbigli che riuscirono a catturare la mia attenzione. Vidi due giovani ragazza parlottare fra loro l'una nell'orecchio dell'altra; il loro atteggiamento fu tutt'altro che minaccioso, ma le loro vocine riuscirono a sovrastare persino quelle dei guerrieri. Vedo che le nostre donne non sono molto d'accordo con me, ma stavo appunto per dire che prima dobbiamo dedicarci a loro. Esclamai con tono pacato mentre guardai direttamente le due giovani; una non riuscì a risparmiarsi un rossore sulle guance e per questo corse a nascondersi dietro la spalla della compare, un atteggiamento pudico che solo le donne più piccole si riserbavano, ancora poco abituate a rapportarsi col mondo degli uomini. D'altronde era raro che anche loro, le donne, partecipassero alle adunate. Abbiamo ancora mezzo inverno davanti a noi e possiamo sfruttarlo per stare accanto alle nostre mogli. Dobbiamo servirle, dobbiamo aiutarle e trattarle bene, ma è naturale che che noi uomini prima o poi chiederemo qualcosa in cambio. Dissi e queste battute inevitabilmente indussero molti a ridacchiare e a fare commenti sconci. Non vi partecipai, non volli proferire alcunché di malizioso; ero serissimo, peccato che non tutti riuscirono a capirlo. Avete ragione a ridere perché lo stare insieme alle nostre donne è molto piacevole, ma più piacevole per noi deve essere la voglia di rimettere in piedi la nostra comunità e noi tutti sappiamo bene che senza figli questo non è possibile. A Copenaghen stiamo invecchiando e non possiamo permettercelo in un momento tanto proficuo. Ripresi a dire appena le risate scemarono, senza abbandonare il mio tono serio, ma non affatto minaccioso. Desideravo coinvolgere i cittadini, non impaurirli. Ad ogni modo, non fu facile per me invitare gli uomini e le donne ad onorare i loro doveri coniugali; erano cose private che non avrebbero dovuto riguardarmi, ma che comunque uno Jarl aveva il dovere di controllare o all'occorrenza esortare. D'altronde era sempre accaduto ed io non mi sottrassi a questa tradizione che ora più che mai stava divenendo una necessità.
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    Edited by skjaldmær¸ - 18/3/2016, 19:06
     
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    oahQFW5
    ASTRID SKOVGuerriera » Copenaghen, Regno Unificato
    background soundtrackUn uomo volle attirare l'attenzione dei presenti e anche di Lothar. Parlò, non limitandosi ad annuire o farfugliare qualcosa al suo compagno appropinquato al suo fianco, ma contrariamente, esplicò i suoi pensieri e i suoi pareri a voce alta. Ascoltai quel che pronunciò, così come fecero tutti quanti, ma sinceramente quanto avevo udito non mi piacque per nulla. Quelle favelle furono chiaramente pronunciate con l'intento di schernire o umiliare il nostro Jarl. Nonostante il timbro si espanse in quella stanza con fermezza e apparentemente con schiettezza, come se avesse parlando ponderando poco sui pensieri e sul modo in cui, quelle parole, potevano essere comprese e analizzate, fui del parere che lo fece volutamente. Quell'uomo non doveva essere un grande e fedele sostenitore di Lothar, presumibilmente fu uno dei tanti che votò per un Adàkan prima che questo morisse o, ancora prima, quando divenne per mancanza di voti il semplice Hersir del villaggio. Simpatia o antipatia, questo non doveva ugualmente dargli il coraggio e il permesso per pronunciare certe malignità; sebbene essere io ad affermarlo non era cosa molto coerente.
    Quando mi ritrovai costretta nell'essere schiava dello Jarl, non mancai di esplicare tali malignità con forma molto più incisiva, servendo chiaramente della sua disgrazia per ferirlo nei sentimenti. Non andavo fiera di quanto dissi in quell'occasione ma compresi immediatamente il mio sbaglio. Anch'io avevo perduto la mia famiglia e in un modo orribile. Sapevo cosa significava ritrovarsi improvvisamente soli a questo mondo e, al contempo, consapevole d'essere stato inadeguato o troppo debole per cambiare lo svolgersi dei fatti. Non era una sensazione piacevole e, quando mi ritrovai a discorrere con Lothar, la prima volta che lo facemmo senza sputarci addosso cattiverie, scoprimmo quanto simili fossimo stati anche nelle sciagure della vita.
    Scorsi chiaramente lo sguardo quasi trionfante e affine di Thyre nei riguardi di quel guerriero, pressapoco appartenente alla medesima generazione di Snorri. Non sopportavo quella donna, la quale stava diventando sempre più infima e melliflua con l'accrescere della posizione assunta da suo marito Andvett. Mi domandavo come fosse riuscito quell'uomo nell'innamorarsene. Ella non aveva alcuna abilità speciale e non sembrava essere neppure una brava persona. Era gelosa, astuta, velenosa e sembrava godere delle limitazioni nonché delle sofferenze altrui. Oltre a tutto questo, era consapevole o intuibile ai più quanto ella poco sopportasse Lothar e, desiderasse scorgere suo marito seduto al suo posto ma, era ugualmente capace di non lasciarsi smascherare o scoprire troppo. Sapeva bene come giocare le sue carte, allontanando da sé qualsiasi sospetto.
    Hm! E' la prima volta che scorgo Lothar tanto determinato a non lasciarsi prendere dalla collera. Hai notato? Una voce sopraggiunse leggera dal mio fianco sinistro e, voltando il capo con sguardo serio m'accorsi di chi si trattasse. Grima. S'era avvicinata a me, non mancando di scortare con ella il suo compagno e la figlia dello stesso. Mossi il capo, annuendo al suo commento, non volendo però perdermi troppo in chiacchiere. Non potevo fare a meno d'interessarmi spasmodicamente a quel che Lothar andava proferendo e, più il tempo trascorreva più la mia ansia aumentava. Vi erano dei dettagli bislacchi nel suo comportamento e nella sua volontà d'aver riunito nell'assemblea tutto il villaggio. Richiamò tutti, vecchi, donne e bambini compresi... Ma per quale ragione. Thyre sta diventando sempre più vipera. Hai visto in che modo s'aggrappa a suo marito e al contempo, lancia saette a chiunque? Persino Jorn, ma fa bene a non darle attenzioni. Sussurrò nuovamente la guerriera, inducendomi questa volta ad inarcare leggermente le labbra in un sorriso sarcastico. Non potevo farci nulla, quella donna proprio non riuscivo a sopportarla e, se in passato lo feci, fu solo per rispetto di Andvett. Lui fu il mio più caro amico e, ora che non lo era più, niente mi vincolava a quella forma di pura cortesia.
    Lanciai uno sguardo alle due giovinette che seppero interrompere e finanche attirare l'attenzione dello Jarl. Inarcai il sopracciglio e arricciai le labbra. Ci mancarono solo quelle ochette senza giudizio e con manie di protagonismo! Possibile che trovassero sempre l'espediente per indurre Lothar ad interrompersi? Ho capito bene? Lothar sta incoraggiando gli uomini del villaggio a darsi da fare? Domandò con tono divertito e malizioso Grima, avvicinando le sue labbra al mio orecchio ma, subito dopo volse uno sguardo altamente allusivo e complice al suo compagno. Credevo d'aver fatto sufficientemente il mio dovere, Grima: cosa mi rimproveri? Non sei mai sazia, donna! Esplicò il maniscalco, portandomi ad ampliare il mio sorriso e a chinare il capo. Trovai tutto questo molto divertente, sebbene seppi che il loco e il momento per gustarmi appieno quello scambio di battute non era adatto. Ciò nonostante, potevo comprendere in parte la spasmodica e battente passione di Grima. Malgrado la nostra amicizia iniziò malamente e, nonostante fisicamente fossimo tanto diverse, i nostri animi – o quanto meno alcune peculiarità – non differivano. Non fummo mai corteggiate molto e, quando ci invaghivamo di un uomo, tendevamo ad aggrapparci ad esso: anima e corpo. Persino io... Taci! Lo rimproverò Grima, immaginando e sospettando che quelle confidenze troppo personali accusarono il mio disagio. Non poterono essere più lontani nel giudicare la mia espressione e il mio atteggiamento.
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    Edited by Kwëñthrïth - 15/3/2016, 19:43
     
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    LOTHAR SVENSØNJarl » Copenaghen, Regno Unificato
    background soundtrackRiscossi un certo consenso da parte degli uomini, i quali cominciarono ad annuire e a proferire sillabe di assenso per dimostrare tutto il loro accordo nei confronti del mio discorso. Le donne sembrarono, però, meno determinare nel volermi dare ragione, infatti quelle che lo fecero ad alta voce si poterono quasi contare sulle dita di una mano. Potevo capirle, per ciascuna di loro mettere al mondo dei figli era sempre qualcosa di molto rischioso, talvolta si moriva persino a causa di un parto difficile o di malattie immediatamente successive, ma la loro collaborazione sarebbe stata determinate per il desino del nostro popolo, per questo avrei dovuto fare di tutto ed applicarmi pur di convincerle a perorare la causa che stavo portando avanti quel giorno. Ho saputo da poco che quattro delle nostre donne sono gravide, ma è una cifra che non può bastare se vogliamo far rinascere il nostro villaggio. Pertanto noi tutti non dobbiamo accontentarci di così poco, per questo chiedo ad ognuno di voi di adoperarsi, affinché Copenaghen diventi grande e forte, proprio come lo saranno i nostri figli un giorno. Ci vuole tempo, è naturale, ma cominciare è pur sempre un buon punto. Dissi, cercando di illustrare ai miei cittadini che qualche cosa si stava muovendo all'interno della società, ma che non bastava poiché i frutti erano ancora scarsi. Inevitabilmente, per dover far decollare la struttura del nostro villaggio, dovevamo moltiplicarci ed insegnare ai futuri uomini e donne tutti i nostri saperi, impartire loro tecniche di agricoltura ed allevamento, nonché renderli autonomi ed in grado di difendersi da soli. Vedo i vostri occhi contrariati, donne, ma qui nessuno può permettersi di rifiutare un contributo a questo grande progetto. Solo una stupida o una stolta desidererebbe che la propria gente continuasse a vivere negli stenti e nella precarietà. È vero, abbiamo l'oro saccheggiato nelle terre straniere, ma non ci darà da mangiare né ci difenderà quando saremo anziani. Vorrei non arrivare a credere che non ci avete pensato... Esclamai, questa volta riferendomi direttamente al sesso femminile; puntai contro i volti dalle fattezze più delicate i miei occhi cerulei ed infossati con un modo serioso e quasi accusatorio, ma più che mettere loro paura, volli attirarle verso il percorso più giusto, cercando di farle ragionare. E' vero, spesso noi uomini non vi ringraziamo per i vostri sforzi e vi maltrattiamo, persino vi tradiamo e vi battiamo a causa di una rabbia di cui non siete colpevoli, ma questo non può fermarvi. Voi sapete che senza il vostro contributo per noi tutti sarà la catastrofe e sono sicuro che dentro di voi troverete la forza per indurre i vostri uomini a rispettarvi. Pronunciai con sicurezza, lasciando ora vagare le mie iridi anche sui volti degli uomini, sebbene fosse alquanto difficile riuscire a selezionare con precisione le persone su cui porre attenzione, ma l'importante era il messaggio avanzato dalla mia gestualità, nonché delle parole stesse a cui davano vita le mie labbra. Mi sembrava che tutti stessero ascoltando nonostante qualche chiacchiera di troppo, di cui una che mi fece letteralmente imbestialire. La riconobbi quella voce, apparteneva alla moglie dell'Hersir Andvett, Thyre. Cos'altro vuole da noi, il sangue? Borbottò al marito, ma senza preoccuparsi troppo della discrezione.
    Cercai quel volto noto con le pupille, frenetiche si mossero a destra e a manca, ma fra tutti i capi biondi fu difficile cogliere quello della vipera velenosa che insieme al consorte era entrata a far parte delle persone da me meno stimate; fino a qualche tempo prima riuscii a sopportare la donna, ma poi si inimicò Astrid, dunque anche per me per questioni decisamente personali. Fu proprio nel momento in cui indugiai sulla folla che notai la guerriera col volto chino verso quello della sua compagna d'armi, Grima. Quel piccolo movimento del suo capo bruno mi permise di intercettarla, cosa che non riuscii a fare col suo capo dritto. Morivo dalla voglia di scoprire cosa si stessero dicendo le due donne, ma ovviamente sarebbe rimasto solo un desiderio. Tacqui e mi presi qualche istante per contemplare le mosse della donna che amavo; mi dimenticai persino di rincorrere la sfacciataggine di Thyre. Poco dopo, non potendo protrarmi oltre con quello sguardo, tornai a conversare col mio popolo tutto. Io sono qui, oggi, per chiedere la collaborazione di tutti voi, ma mi rendo conto che se non mi adoperassi in prima persona sarei credibile quanto un bugiardo. Dissi, cominciando così ad introdurre il cuore del discorso. Non ero sicuro di volerlo fare, nell'ultimo istante mi sentii come afferrato per i capelli e trascinato all'indietro quasi di fronte a me si stesse per palesare un terribile pericolo da cui dovevo assolutamente fuggire. Ma io non lo volevo, ci avevo rimuginato a lungo sopra, così tanto che alla fine, tra una valutazione e l'altra, capii che quella sarebbe stata la strada più consona alla mia posizione, sia privata che pubblica. Dunque dovevo farlo, dovevo parlare e mostrare a tutti le mie intenzioni. Per una manciata di secondi abbassai gli occhi verso i miei piedi divaricati in una posa alquanto mascolina, poi issai il mento barbuto. Tirai un sospiro profondo e dopo aver incrociato le braccia al petto parlai. Così come non mi sono mai rifiutato di condurre il mio popolo in battaglia, così in questo giorno non mi rifiuterò di guidarlo verso la rinascita. Proferii per poi concedermi ulteriore tempo, giusto un battito di ciglia, sentivo su di me gli sguardi di tutti e questo non mi piaceva neanche un po'. Non ero un uomo timido, per carità, ma poco desideroso di stare al centro dell'attenzione sì, nonostante avessi il mio caratteraccio che mi rendeva poco propenso a lasciarsi schiacciare da chicchessia. Ho deciso che è giunta l'ora per me di prendere moglie. Annunciai infine, arrivando al dunque della questione, allo scopo per cui richiamai tutto il popolo di Copenaghen al mio cospetto.
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    ASTRID SKOVGuerriera » Copenaghen, Regno Unificato
    background soundtrackC'era qualcosa che non quadrava. Dal principio all'attuale giunta del discorso e dell'assemblea, vi erano peculiarità e forme, presenze, pause ed esclamazioni che proprio non riuscivo a comprendere. Abbandonai la mia langhus col cuore leggero, incuriosita come sempre quando Lothar richiedeva colloquio con i suoi guerrieri ed ero pronta ad ascoltare cosa avrebbe affermato ma, iniziai ad avvertire una spasmodica ansietà dall'istante in cui misi piede all'interno della sua langhus. Vi erano particolari che cozzavano palesemente con gli incontri antecedenti. Prima fra tutti, la presenza delle donne e dei bambini, in secondo luogo le sottigliezze ora velate e ora un poco più schiette pronunciate da Lothar stesso. Sapevo che in quanto Jarl doveva prendere in considerazione e dare l'adeguato interessamento ad ogni argomento, sia che questo rappresentasse qualcosa a lui famigliare o che, contrariamente, potesse avere dei risvolti molto più imbarazzanti. Ciò nonostante non mi spiegavo perché Lothar stesse provvedendo nell'intraprendere un discorso simile, con la presenza di tutti e apparentemente si dimostrasse diligente e indifferente della situazione. Era giusto che si interessasse al suo villaggio ed era d'uopo che incoraggiasse i suoi fedeli sostenitori ad accrescerne il lustro per quanto possibile ma, l'intera argomentazione poteva rappresentare per lui un coltello a doppia lama. L'argomento era estremamente delicato, in vista della sua attuale e recente situazione, dunque perché mettersi così in gioco, perché permettere a coloro che non lo stimavano – attualmente presenti, poiché tutti presenziarono all'assemblea – di mortificarlo pubblicamente? E per cosa poi? Cosa poteva mai ricavare da tutto questo?
    Iniziai ad agitarmi, ad impensierirmi e mi ritrovai a far slittare le iridi ovunque nella stanza e sui volti di tutti coloro che si mettevano dinnanzi alla mia linea di osservazione. Naturalmente colsi gli sguardi un po' maliziosi e soddisfatti degli uomini e, quelli leggermente più contrariati – non tanto dalla possibilità di adempiere al compito ma quanto più dalla schiettezza eccessiva e impertinente di Lothar, nell'immischiarsi ad argomentazioni simili: molto personali e intimi – delle donne. Ovviamente non mancarono dei leggeri sussurri divertiti e finanche quelli più irriverenti delle giovanissime, le quali non attendevano altro d'essere cedute – come bestiame – ai propri spasimanti: giovani e sciocchi quanto loro stesse. Le loro facce non mutarono neppure quando Lothar mise al corrente, o semplicemente dichiarò alcuni comportamenti non proprio idilliaci per fantasiose e spensierate future mogli. Non era situazione bislacca che i mariti cornificassero le loro spose, prevalentemente con le servette e le schiave e, non era neppure strano o inusuale che talvolta issassero i loro arti poderosi e scagliassero sulle loro consorti qualche rimprovero violento e brutale: estremamente bruciante. A differenza di quelle donnicciole, non fui mai intenzionata a subire. Se solo un ipotetico compagno di vita, potesse avanzare un gesto simile, gli avrei certamente fatto mangiare le sue stesse...
    La domanda schietta e velenosa di Thyre mi deconcentrò dal pensiero bruciante e selvaggio. La guardai e, indubbiamente notò come molti la fissarono. Andvett comprese l'errore della moglie, allorché si chinò leggermente in sua direzione, riprendendola certamente. Era meglio per ella che non si dimostrasse tanto rancorosa e inimica di Lothar, il quale era pur sempre lo Jarl del villaggio e, tutti sapevamo, fosse anche alquanto determinato nel prendersi e conquistarsi le sue soddisfazioni: seppur agendo a momento debito. Infine, che facesse come credeva meglio, tuttavia se avesse continuato con quelle ineducate mancanze di riguardo, credendosi superiore a molti, si sarebbe presto ritrovata ad affrontare una posizione molto più inferiore nel villaggio. Lothar avrebbe potuto sfruttare Andvett per colpirla, scaricando il colpo proprio nella sua debolezza: la superbia.
    Pur tuttavia, il riprendere del discorso di Lothar mi agitò. Non mi piacque quella frase, mi squassò profondamente. Il mio animo e la mia mente, stavano mettendomi chiaramente in guardia eppure, non riuscivo a comprendere da cosa. La sua ultima frase, rappresentò per me una novella disarmante e straziante. Mi ritrovai improvvisamente ignuda, al di sotto d'una cascata dalla quale discendeva acqua gelida e fredda e, il clima della stagione rasentava e superava nell'infreddolimento il liquido che mi scorreva sul corpo. Mi spiazzò. Quelle parole seppero bene come indurmi ad arrancare col respiro. Ricevetti – metaforicamente parlando – un pugno assai vigoroso contro il petto e l'imboccatura dello stomaco e, le membra si contorsero e pulsarono. Schiusi le labbra, dovendo respirare ma ad ogni inspirazione i polmoni mi bruciavano. Ben presto sentii il dolore risalire dallo stomaco alla gola, infine sopraggiunse a punzecchiarmi le narici e finanche gli occhi.
    Sinceramente, sapevo che presto o tardi Lothar avrebbe pensato a rimaritarsi. Non poteva certamente proseguire nel restare solo ad accudire Øvind o a guidare il villaggio. Ero convinta che avrebbe contratto matrimonio con una giovanissima fanciulla appartenente allo Jarl di un villaggio a noi alleato ma, dopo quanto avvenuto quella notte – non lungi dal tempio – fui quasi portata a credere che, questo avvenimento si svolgesse in seguito: in futuro e non tanto presto. Non ebbi mai alcuna pretesa e, intrapresi questa relazione nonché assecondai i miei sentimenti ben sapendo che presto o tardi, sarebbero stati costretti nel mettersi da parte; per il bene del villaggio ma... Fu doloroso e schiacciante ugualmente.
    I bisbigli furono innumerevoli e con essi anche gli sguardi increduli. Alcuni di questi si posarono anche su di me. Avvertii quello irriverente e sarcastico di Andvett e quello più analitico e cogitabondo di Jorn; i restanti mancai di percepirli.
    Questa sì che è un'assemblea come si deve, vero Astrid? Udii quasi distrattamente la voce di Grima, seppur mi era letteralmente appropinquata al fianco. Mi sembrò così lontana. Astrid! Mi richiamò, ma non una volta soltanto, ben tre e all'ultima provvide anche a squassarmi il braccio: stringendolo nel suo palmo. La guardai ma stentai quasi a vederla. Astrid cosa... Iniziò dicendo ma con un gesto brusco scostai il braccio, liberandolo dalla sua presa. Non mi interessano questi discorsi. Non rientra nei miei interessi sapere chi ha deciso di sposarsi e scoparsi: sono una guerriera e m'interesso solo della guerra. Queste stronzate le lascio alle ragazzine sospiranti. Sibilai a Grima, lasciandola interdetta ma, determinata mi voltai desiderosa d'allontanarmi da quella stanza: uscendo dalla langhus.
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    Edited by Kwëñthrïth - 19/3/2016, 11:53
     
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    LOTHAR SVENSØNJarl » Copenaghen, Regno Unificato
    background soundtrackAppena pronunciai quell'ultima frase, mi sentii come se mi fossi appena liberato le spalle dalla presenza di un enorme masso di pietra, il cui peso risultava insostenibile per il mio corpo nonostante la muscolatura sviluppata e ben allenata. In realtà non ero che solo all'inizio della parte di discorso che riguardava me stesso, ma per lo meno feci ciò veniva atteso da parecchio tempo e che preferii sempre trascinare fino a giorno da procrastinarsi. Avevo ponderato molto sul da farsi e alla fine avevo deciso che sarebbe stato meglio per me decidermi; e lo feci, lo feci convincendomi che quella sarebbe stata la strada più giusta da intraprendere. Non solo avevo bisogno di una moglie per diversi motivi – abbisognavo di compagnia e di supporto per la mia carica di Jarl, ma anche di figli –, ma questo era esattamente ciò che gli dei si aspettavano da me ed oramai era giunto il momento di non deluderli più. Li avevo contrastati a lungo, mi ero ribellato ai loro segnali inviati dal cielo e poi ne ripagai le conseguenze, così tanto che fui privato di ogni cosa a me cara. Ma adesso mi si stava servendo su un piatto dorato di rimediare ai miei peccati, nonché di ricostruire quanto distrutto; dunque non potevo assolutamente indugiare o tirarmi indietro. Una volta deciso, sarebbe stato meglio fare il passo in avanti, determinante e sicuro. Lo feci, ed eccomi lì ad annunciarlo a tutto il mio popolo. Lo notai, suscitai in tutti quanti un certo sgomento; i loro volti non mentirono. Li vidi quegli occhi sgranati e quelle bocche socchiuse per trattenere il respiro. Uno sgomento generale, che tuttavia non significava necessariamente un contrasto verso le mie parole, anzi. Avevo così tanto a lungo proferito che una moglie non mi serviva e che in ogni caso non la volevo da aver convinto tutti i cittadini del fatto che sarei per sempre rimasto solo. Per questo si sorpresero e rimasero increduli, scioccati, ma in fondo contenti e compiaciuti. Dopo una manciata di secondi di silenzio e immobilità generale, i corpi dei presenti tornarono a muoversi, principalmente le teste che si rivolsero ora a destra e ora a manca per permettere agli occhi di scambiarsi sguardi con i vicini più prossimi. Le persone sembravano smarrite, come se avessi detto loro che presto sarei stato intenzionato a compiere un'impresa impossibile per qualsiasi umano mortale. Ma no, in realtà sarebbe stato solo uno sposalizio, di che si stupivano? Periodicamente venivano celebrate unioni all'interno del nostro villaggio fra giovani e meno giovani ed io ero solo uno dei tanti che abbisognava di sistemarsi – si sperava una volta per tutte, però. Dovetti ammettere che la loro incredulità mi suscitò piacere e compiacimento. Avrei voluto abbozzare uno di quei miei soliti sorrisi beffardi, in fondo dovevo ammetterlo, ero bravo ad illudere i miei interlocutori e a manipolarli a mio piacimento, ma poi uscivo sempre allo scoperto. Ma questa volta cercai di mantenere un contegno e non avanzare ai miei detrattori pretesti per potermi contrastare. Li udii i commenti di certe persone fra la folla e non mi piacquero per niente, ma mai avrei dato loro pane per i loro denti resi dalle menzogne e dell'acido che corrodeva loro il fegato e la lingua.
    Durante il momento di generale agitazione, sentii i passi di mio cognato dietro la schiena e poco dopo il suo fiato scaldarmi l'orecchio. Parlarmene prima era troppo difficile per te, fratello? Mi domandò con una punta di amarezza il mio familiare, amico, confidente e braccio destro. Sapevo che avrebbe reagito così, sdegnandosi per la mia mancata rivelazione, ma non volli trattarlo diversamente da tutti gli altri membri del popolo. Persino sua moglie, mia sorella, non sapeva alcunché e men che meno mia figlia. Dunque che non si preoccupasse, avrei agito bene anche senza il suo consiglio. Voltai il capo verso di lui di pochi gradi, anche se non riuscii a vederlo integralmente, ma potè bastare affinché notasse il mio sguardo fintamente rammaricato. Perdonami, è da tre anni che non fotto e non sono riuscito a contenere l'ardore. Sul momento ci ho pensato e sul momento ho deciso. Replicai, dopo di che, del tutto disinteressato dal ricevere ulteriori prediche, mi voltai verso la folla chiacchiericciante. Sei un cazzo di bugiardo! Disse ancora il mio parete, poi mi diede una forte spallata e si ritirò, tornando al posto che gli spettava. Il suo insulto non potè che indurmi nuovamente all'ilarità, sebbene non la mostrai. Tirato un sospiro, desiderai tornare a conversare con i cittadini, così mi apprestai a farlo. So che vi state chiedendo chi potrà mai affiancarmi. Domanda legittima, questo è importante, anzi essenziale. Ebbene, mio popolo, posso dirvi che la mia scelta dovrà necessariamente ricadere su una donna straniera, ma... Iniziai a proferire, ma mi bloccai non appena vidi un inequivocabile capigliatura bruna muoversi fra quelle bionde. Un movimento schietto, un mezzo giro su sé stessa e poi un passo in avanti e un altro ancora. Istintivamente aggrottai le sopracciglia e ridussi gli occhi a due piccole fessure ombrose e minacciose; potè sembrare una smorfia seriosa, in realtà fui ancora una volta intento a moderare la mia voglia di ridere fino a sentir male allo stomaco. Bene, le mie dichiarazioni sortirono l'effetto desiderato anche su Astrid. Un altro caso di indignazione. Ma come, il matrimonio non doveva essere un momento di festa generale? Astrid! Richiamai a voce alta, anzi altissima, la guerriera pronta a fuggire. Feci rimbombare quel sono in tutta la langhus, obbligando quasi le pareti lignee a tremare. Il popolo tutto, spaventato dall'urlo inatteso, si zittì; poi, in parte puntò gli occhi su di me e in parte andò alla ricerca della donna appellata. Non ti garbano le mie intenzioni, forse? Chiesi direttamente alla combattente, mettendola così al centro dell'attenzione di tutti. Sapevo che lo odiava e che non mi avrebbe facilmente perdonato l'atteggiamento.
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    ASTRID SKOVGuerriera » Copenaghen, Regno Unificato
    background soundtrackLa novella non aveva alcun diritto di sconvolgermi tanto, eppure, non potevo far a meno di provare sgomento, dispiacere, quella sensazione bruciante e squassante oltre che persistente e spasmodica; che si avvertiva quando ci si sentiva feriti. Era realmente e persistentemente pulsante, mi stava letteralmente nuocendo le membra celate dai muscoli e dalla carne del mio corpo; tuttavia seppi dalla primissima notte in cui accettai e diedi libertà ai miei sentimenti a cosa questi mi avrebbero portata. Pensai sempre di non avere e possedere alcun diritto su Lothar e, quanto stavo vivendo non fece altro che dimostrarmelo ulteriormente. Lui era un uomo, lui era un guerriero e soprattutto, lui era lo Jarl del villaggio. Cos'ero io se non una giovanissima donna, la quale svolgeva un ruolo circoscritto e limitato? Avevo giurato di salvaguardarlo, tentai di farlo in più occasioni – persino quando la nostra amicizia non era vincolante – riuscendoci bene e in altre sufficientemente: invece mi ritrovai avviluppata ulteriormente a lui dai miei sentimenti e dal mio essermene irrimediabilmente invaghita. Non fu mai nelle mie aspirazioni ricercarmi un marito o badare accuratamente al nido famigliare. Pensai sempre e solo alla vendetta, alla guerra e agli scontri, agli allenamenti e finanche alle mansioni concernenti il mio ruolo e compito all'interno del villaggio. Non possedevo denaro, terreni e neanche gioielli o un titolo che potesse incoraggiare Lothar a ricercarmi con maggior interesse. Non ero altro che una giovane donna. Misi in conto tutto, cercai sempre – sinceramente la fui – mi mantenermi coi pensieri e con i fatti ben piantati sul terreno, evitando accuratamente che i miei sentimenti prendessero il sopravvento e creassero illudendomi, castelli di sabbia. Credetti d'essere stata capace, invece, quella novella così esplicata, sopraggiunta tanto improvvisamente e per nulla immaginata, mi lasciò profondamente avvilita e ferita. Più volte mi ripetei di non avere niente da recriminare, molte volte cercai di rammentare a me stessa che Lothar presto avrebbe ricercato un'unione capace di donargli maggior vantaggi e privilegi. Chiunque avrebbe agito in questo modo e, non potevo aspettarmi nulla di differente ma... Quella notte... Perchè non dirmelo prima, perché non informarmi? Per quale assurdo motivo volle discorrere così liberamente e istintivamente senza neppure consultarmi in privato? Non potevo crederlo capace di gioire o deliziarsi dell'effetto che avrebbe suscitato in me, non potevo crederlo capace di gioire del mio dolore. Non era questo l'uomo che avevo imparato a stimare, apprezzare e amare. Indubbiamente Lothar sapeva come farla pagare – e pesantemente – a coloro che odiava o sopportava a stento ma, supponevo che, dopo quanto allacciato e intrecciato, avesse dimostrato maggior riguardo nei miei confronti. Forse... Forse mi credeva così pragmatica e decisa da pensarmi libera da qualsiasi patimento? No, persino la persona più cosciente dei propri sentimenti e con un'idea pratica del mondo avrebbe ugualmente accusato dolore ad una notizia simile, altrimenti non poteva considerarsi o definirsi umana. Lui lo sapeva ma se ne infischiò!
    Dentro di me iniziai a provare sentimenti ed emozioni contrastanti. Avevo il desiderio di urlare, di scagliare contro tutti coloro che mi attorniavano – giacché presenti all'assemblea – qualsiasi tipo d'oggetto o armamento. Ambivo spasmodicamente allontanarmi, ma al contempo sapevo di dover procedere cautamente: evitando d'attirare la loro attenzione. Eppure, sentivo un così disperato bisogno di scaricarmi da indosso tutta la tensione nervosa, la frustrazione e l'agitazione che conseguentemente si palesarono nel mio animo. Non potevo continuare a moderarmi, altrimenti sarei letteralmente implosa. Strinsi le labbra, tentando in questo modo di lottare contro il bisogno disperato di piangere. Mi doleva terribilmente la gola. Sentivo come un vuoto nel centro della trachea, aumentare considerevolmente di dimensione – per quanto immaginario – e più questo accresceva più il mio patimento – per quanto fisico – prendeva ulteriormente forma e vigore. Sentivo i polmoni bruciarmi e, le interiore stritolarsi fra loro, come se una mano invisibile e gigantesca avesse trapassato la mia carne, i muscoli e le ossa andando ad avviluppare e stringere tutti i miei organi. Schiusi le labbra, permettendomi in questo modo di respirare. Il contatto dell'aria entro la mia gola fu considerevole e più che percepibile. La rinfrescò, così come avrebbe fatto l'aria invernale all'interno d'una langhus lasciata molte ore riscaldata dalla legna ardente. Mossi i miei passi, scostandomi sempre di più. Zigzagavo fra i miei fratelli e sorelle, mancando però di guardare i loro visi, dopotutto anche se lo avessi fatto non avrei scorto sensazioni diverse da quelle colte sul volto di Grima. Lothar seppe bene come lasciare tutti senza parola. Mancai di notare che, lo stupore, venne perfettamente condiviso e avvertito finanche da Jorn. Fui del parere che il cognato fosse stato informato per tempo e, a questa supposizione non provai alcuna sorta di sorpresa. Era plausibile che il famigliare fosse stato ragguagliato. Non m'accorsi che il mio incedere venne seguito da diversi occhi. Il primo fu certamente Andvett. Benché precedentemente alle favelle pronunciate da Lothar mi guardò con aria soddisfatta, dentro di se provava e nutriva sempre un sentimento latente e amico, dunque, empaticamente avvertì il colpo micidiale che mi fu inflitto in quell'occasione. Mi seguì con gli occhi per alcuni passi, sicché la sua vista potè seguirmi ma infine riportò l'attenzione su Lothar. Il secondo fu Jorn, sebbene lo fece distrattamente e non rimase troppo a cogitare sulle mie movenze e sull'effetto che quella rivelazione avesse potuto sortire su di me. Terza: Grima. Notò il mio atteggiamento – neanche tanto bislacco, dopotutto esternai sempre una certa nota di indifferenza per argomenti simili, specialmente se concernevano Lothar – eppure non mancò di analizzare velatamente e brevemente quanto scorto col suo amante e compagno.
    M''avvicinai quasi alla soglia. Pochi passi ed ebbi la sensazione di poter liberarmi e allontanarmi – di diverse miglia sebbene rappresentassero per lo più pochi passi – da quella situazione ingestibile. Pochi passi, i quali però, mi vennero preclusi ancora una volta da Lothar. Non fu soddisfatto di cagionarmi tanto dolore ma, volle accentuare e inorgoglire il suo animo. Lungi da me era l'intenzione di crederlo tanto crudele nei miei riguardi, ma non potei che avvertire la pagliuzza di diffidenza ricomparirmi dentro. Le favelle di Andvett di quel mattino ritornarono a rimbombarmi nella mente. Lo Jarl mi chiamò pronunciando e scandendo ottimamente il mio nome. Mi bloccai e roteai su me stessa, avvertendo in seguito non solo i suoi occhi fissarmi seriosi ma finanche quelli di alcuni dei presenti. Sono solo una guerriera, non ho alcun diritto per affermare o negare quale decisione sia meglio per lo Jarl. Esclamai seriosa e decisa: quasi pronta a muovere battaglia. Ho udito le tue disposizioni e le tue intenzioni per il futuro. Questo è più che sufficiente, i pettegolezzi li cedo alle donne o a chiunque abbia voglia di cibarsene. Conclusi brutale, rabbiosa determinata a voltarmi e uscire. Lo feci, volsi le spalle a Lothar e mi decisi di avvicinarmi ulteriormente di un altro passo alla soglia.
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    LOTHAR SVENSØNJarl » Copenaghen, Regno Unificato
    background soundtrackTrascorsero pochissimi istanti dacché la mia voce echeggiò piena e roca come il ruggito di un orso incattivito fra le mura che avevano accolto per generazioni e generazioni la mia famiglia. Esse videro crescere mio nonno – che mai potei conoscere –, mio padre e me stesso e se gli dei avessero voluto, avrebbero potuto scorgere anche l'evoluzione fisica e mentale dei miei figli, purtroppo morti violentemente in tenerissima età. Certo, avevo ancora Øvind accanto a me, ma scorgendola da sola mi era sempre parso come se lei si trovasse attorniata solo dal vuoto e dal silenzio. Pensare a lei, la mia primogenita, senza suo fratello e sua sorella per me era qualcosa di innaturale, un'abitudine che forse mai sarei riuscito a scrollarmi di dosso completamente. Per un padre perdere i propri figli era sempre qualcosa di totalmente devastante, più che un pugno ben assestato o una ferita profonda nelle carni più tenere del proprio corpo. Ma piuttosto che dimostralo col dolore, io preferii sempre farlo con la rabbia, scagliandomi contro qualunque cosa e chiunque. Certo, forte quest'attitudine violenta e brusca non l'avrei mai persa, già faceva parte del mio carattere quando ero ragazzino, ma avrei potuto imparare a moderarla come sapevano fare tutte le persone di questo mondo. D'altronde ad uno Jarl non si chiedeva solamente di essere un'ottima guida in battaglia e un valente stratega, ma anche di essere capace di moderare sé stesso di fronte agli affronti e alle problematiche che altrimenti lo avrebbero potuto mettere in una posizione difficile da governare. Potevo farlo se volevo, sì, ma dovevo avere un buon motivo e quel buon motivo... Beh, lo ricercai prima in Øvind ed adesso ero deciso a trovarlo nella donna che da poco avevo annunciato di voler prendere per moglie, seppur il suo nome fosse ancora segreto a tutto il mio popolo e finanche alla stessa persona interessata.
    Al mio richiamo udito con chiarezza sicuramente anche al di là della struttura di legno, vidi la giovane guerriera dalla capigliatura bruna fermarsi a qualche passo di distanza dalla porta che sanciva il passaggio tra il dentro e il fuori dell'abitacolo. Ebbene, da quel momento cominciò quella che reputai una vera e propria sfida con la persona per cui nutrivo certi sentimenti importanti. Sapevo perfettamente che non avrei dovuto comportarmi così, prima di tutto mancando di metterla al corrente delle mie intenzioni e poi mettendola al centro dell'attenzione come se per l'ennesima volta fossi stato intenzionato a schernirla, ma ancora una qualche piccola soddisfazione personale prima di immergermi in una nuova parte della mia esistenza volevo prendermela. Fu crudele da parte mia agire così, ma in fin dei conti ero portato per natura a prendermi gioco del prossimo. Non escludevo però che al termine di questa farsa sarei stato debitamente ricompensato. Sempre che fossi riuscito ad ottenere ciò che volevo, insomma. La ragazza si voltò con uno scatto felino ed al di là delle teste rivolte un po' verso di lei e un po' verso di me, posò i suoi grandi occhi blu sulla mia figura slanciata ed assai muscolosa. Le vidi quelle fiamme smuoverle le iridi, le vidi tutte, le vidi bruciare e prendere vita da una fiammella ben nascosta entro il petto femmineo di quella creatura con l'aspetto di donna e il carattere di un rapace. Restando in silenzio, le diedi tutto lo spazio necessario per poter replicare alla mia domanda; l'attesi con estrema curiosità, quasi mi si rosero le interiora in quella condizione per me innaturale. Solitamente volevo ottenere tutto e subito. Ma non dovetti aspettare molto, infine la donna aprì la sua bella bocca e parlò, esprimendo il suo punto di vista sulla questione. Non udii nulla di diverso da ciò che mi aspettai; anche in passato ci tenne a rimarcare la sua posizione di subordinazione verso di me, il suo Jarl, ma mettendola su un piano ben preciso: la sua condizione di guerriera non le permetteva di ficcanasare nei miei affari. Così avrebbe dovuto essere per tutti, certo, eppure io non le stavo chiedendo di fare quello, ma di restare ad ascoltare ciò che avevo da dire. Se te lo chiedo è perché voglio saperlo. Dissi, invitandola a non farsi troppi problemi e a parlare, anzi ad esprimere un suo parere pur sapendo che difficilmente lo avrebbe fatto dinnanzi a tutti quanti. Forse molti del nostro popolo ignoravano quanto Astrid potesse essere timida e riservata alcune volte.
    Detto ciò, proferì persino che non intendeva restare ad ascoltare i pettegolezzi che avevo da dirle poiché non le competevano; questo dire fece poi da contorno alle sue intenzioni ovvie, cioè andarsene. Senza attendere un mio segnale, si voltò ancora e fu pronta a proseguire col suo percorso. Fece alcuni passi dirigendosi all'uscio, ma non glielo avrei permesso. Tu non te ne vai finché non lo dico io. Sto parlando ed è tuo dovere stare ad ascoltarmi. L'avvertii in quel modo di non osare muoversi ancora; era implicito il fatto che altrimenti ne avrebbe subite le conseguenze. Mossi poi i piedi, questa volta non dirigendomi verso i miei lati, bensì dinnanzi, proprio verso la folla. Vedendomi avanzare, uomini, donne e bambini si fecero largo, appiattendosi per quanto possibile ai lati della struttura. Mi fecero spazio frattanto che avanzai, intenzionato a raggiungere la guerriera, anche se a passi lenti, ma decisamente rumorosi. Non sei forse una donna anche tu, Astrid? Le chiesi, utilizzando deliberatamente contro lei stessa un'affermazione da poco fatta. Spesso si era volutamente dissociata dal sesso opposto al mio, rimarcando una netta differenza rispetto alle mogli, figlie, sorelle e madri del nostro popolo, ma io avevo visto la sua vera natura e non poteva negarla. E stai forse insinuando che i miei discorsi sono sciocchi? Aggiunsi, ponendole una seconda questione. La invitai a replicare continuando a guardarla in maniera furiosa ed intensa, come se dentro mi sentissi ribollire giacché oltraggiato da lei.
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    ASTRID SKOVGuerriera » Copenaghen, Regno Unificato
    background soundtrackBrutto caparbio figlio di... Pensai istintivamente, appena Lothar volle sfruttare la sua posizione di Jarl per impedirmi ancora una volta d'allontanarmi e proseguire, uscendo dalla sua langhus. Tentava con ogni mezzo a disposizione nel costringermi a presenziare e, mi domandavo come potesse essere tanto crudele nei miei confronti. Cosa gli feci mai per meritare tutto questo? Perché ora s'atteggiava come una persona totalmente differente? In lui, nel suo comportamento attuale non scorsi più l'uomo con il quale m'intrattenni ed ebbi a che fare nei mesi antecedenti. Mi sembrò di ritornare al principio della nostra conoscenza e, tutto questo non fece altro che ribollirmi nelle vene. Sentii chiaramente accrescere in me l'insofferenza e l'antipatia nei suoi riguardi e, nonostante tentassi di darmi un contegno e cercassi ugualmente di non lasciarmi prendere troppo dall'acuto senso della diffidenza: mi ritrovai improvvisamente a rivalutare con un occhio assai più critico e mellifluo tutto quello che ci aveva personalmente coinvolti. Sapevo perfettamente che i miei sentimenti non erano ricambiati nel medesimo modo, tuttavia, le sue azioni passate – di alcuni mesi così come le più recenti – mi portarono a crederlo in parte affezionato alla mia persona, invece ora... Ora sembrava essere divenuto lo stesso gretto e meschino individuo, che trovava solo compiacimento nell'umiliarmi e incollerirmi. Non potevo credere d'aver errato nella valutazione, non potevo pensare che Andvett avesse avuto ragione e, che Jorn, avesse semplicemente cercato di mettermi in guardia, dandomi al contempo delle false aspettative o speranze: no, stentavo a crederlo possibile!
    Mi morsi il labbro e costretta dal suo parlarmi dovetti ancora una volta fermarmi e roteare su me stessa: posando gli occhi sulla sua persona. Se solo in quella langhus ci fossimo stati esclusivamente io e lui, al massimo anche Jorn, nulla mi avrebbe impedito d'aggredirlo così come meritava e sentivo l'esigenza e il bisogno di farlo. Non mi sarebbe importato nulla delle conseguenze, ma per lo meno avrei trovato uno sfogo per liberarmi da queste sensazioni confuse e finanche tormentose. Era straziante. Il modo in cui si prendeva deliberatamente gioco di me. Credetti d'aver imparato molto con la relazione – e la cessazione della stessa – con Bergthor, ma in realtà mi ritrovai ancora una volta coinvolta e avvicinata ad un uomo che non meritava neppure un mio sputo. Fui sciocca e ingenua, mi lasciai prendere per il naso mentre credetti sempre che ogni favella e intenzione fosse stata sincera: pari a quelle da me avanzate.
    Strinsi i palmi a pugno, mentre le braccia mi ricadevano lungo i fianchi e i lati del busto. Sei libero di sposarti se lo vuoi. Esclamai rispondendo alla sua domanda, al suo incoraggiamento di proferire quello che pensassi a riguardo della faccenda. Certo, non ero contenta della sua decisione, anche se pensai sempre che presto o tardi questo momento sarebbe arrivato, tuttavia, ciò che mi fece letteralmente infuriare fu il suo comportamento: il suo mancato riguardo nei miei confronti. Avrei potuto accettare molto meglio la sua novella e la sua intenzione, se solo avesse provveduto ad informarmi prima, a dirmelo segretamente, permettendomi d'accusare in solitudine la novella sgradita. Un minimo gesto di comprensione e rispetto nei miei confronti, non avrei chiesto altro. Lui non lo fece, anzi, adesso trovava estremamente godibile e dilettevole scorgermi stravolta, incapace di liberarmi dall'aggressività che avvertivo dentro – a causa di tutti i presenti – e umiliata dal suo comportamento. Un uomo di questo genere, non meritava neppure la mia amicizia, schietta e semplice.
    Non contento volle nuovamente ribadire la sua supremazia. Sgranai gli occhi e trattenni il fiato. La mia collera e il mio sdegno raggiunse il picco più alto. Vaffanculo! Tuonai, facendo vibrare la mia voce in quell'ambiente chiuso il quale, divenne ancora più silenzioso e l'atmosfera acquisì velature decisamente più tese. Coloro che mi furono più vicini – amichevolmente parlando – e fedeli mossero impercettibilmente i loro corpi e arti. Seppero che la questione non si sarebbe svolta e conclusa ottimamente per me, eppure, per quanto avessero voluto intervenire sapevano di non poterlo fare: sostanzialmente si sentirono costretti nell'immobilità.
    Lothar avanzò nei passi e i presenti gli fecero spazio. Alcuno si mosse e sinceramente, non mi aspettai atteggiamento diverso: da nessuno dei presenti. Ancora una volta Lothar cercò e tentò, riuscendoci, di prendermi per il naso. Con uno scatto brusco andai ad avviluppare il cordoncino della mia collana e con un movimento forzuto spezzai ciò che la teneva adagiata al mio collo. La strinsi in mano e successivamente la lanciai contro Lothar, facendola però cadere all'altezza dei suoi piedi. Adesso ho smesso d'essere una donna. Sibilai abbassando la voce ma ugualmente lasciai percepire e librare il mio malcontento.
    Mi voltai, determinata a non voltarmi più indietro, difatti, l'ultima domanda che Lothar mi porse finsi di non udirla e non gli risposi neanche.
    ❝ Our light will slowly fade like the blaze of a sunset obscured by the rebirth of the nocturnal majesty ❞
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    LOTHAR SVENSØNJarl » Copenaghen, Regno Unificato
    background soundtrackSolamente grazie a fatto che non fossi veramente arrabbiato potei notare tutti gli occhi dei presenti puntati fra me e la giovane guerriera pericolosamente appropinquata all'uscio della langhus. Se ciò che stavo simulando, invece, fosse equivalso a realtà, sicuramente non avrei prestato alcuna attenzione a quelle facce sbigottite ed assorte e ai bambini un po' spaventati dalla mia reazione brusca e diretta. Mi stavo perciò crogiolando fra gli incroci di quelle pupille affamate, desiderose di scoprire cosa sarebbe accaduto nell'immediato futuro se Astrid mi avesse risposto in questo o quel modo e, naturalmente, la mia successiva reazione. Improvvisamente ancora una volta le voci si abbassarono e quasi sparirono del tutto; non molti ebbero il coraggio di mettersi a bisbigliare mentre io avanzavo sempre di più, passo dopo passo e lentamente, verso la donna quasi intrappolata dalle ultime persone che sostavano dinnanzi all'anta lignea completamente aperta giacché alcuni si erano frapposti al passaggio per fare in modo che la mia voce tuonante e roca – molto mascolina e persino sensuale – potesse raggiungere anche gli astanti all'esterno. Mi immaginai proprio così quello strambo colloquio, quel faccia a faccia con la guerriera bruna; né una mossa o parola di più, una di meno. Era oramai diventata prevedibile quella donna, per me, e chissà se se ne stava accorgendo. Ma non avrebbe dovuto ritenerlo un effetto negativo dei nostri ultimi approcci, anzi. Ero sempre più convinto che fra le nostre anime esistesse un'affinità, una sintonia non indifferente e a cui avremmo dovuto tenere conto. Lentamente stavamo confermando l'idea di essere tanto diversi quanto uguali ed era proprio questo che poteva permetterci di stare insieme, di accostarci e fonderci – non solo fisicamente – fino a creare un connubio perfetto. Gli dei lo avevano notato e ci avevano messi sul sentiero giusto per poter giungere all'obiettivo finale. Ci eravamo vicini, molto vicini; dovevamo solo pazientare un altro po' ed avremmo ottenuto ciò che sicuramente ambivamo entrambi. Certo, non parlammo mai del nostro rapporto, non tirammo in alcun modo le somme durante i nostri incontri solitari, ma sapevamo cosa ci attendeva. O meglio, io lo sapevo, mi era stato sussurrato all'orecchio più e più volte.
    Attesi con impazienza la replica da parte della combattente, la quale dopo il mio richiamo fu costretta a voltarsi. Finalmente potei guardarla negli occhi, quei bellissimi occhi blu e grandi che vidi brillare ai raggi lunari all'esterno del tempio sacro di Lejre. Ma questa volta erano furenti come quelli di una lupa intrappolata e pericolosamente stuzzicata dal suo aguzzino. Sapevo cosa stava passando per la mente di quella donna, mi stava odiando profondamente ed contemporaneamente si stava dando della stupida per aver creduto a molto di ciò che io le dissi in passato; si stava maledicendo per aver sperato in qualcosa di grande e serio, per aver sperato nella mia onestà. Si sentiva beffata e tradita un'altra volta, non ne avevo alcun dubbio. E' naturale, io sono lo Jarl. Dissi quando Astrid rimarcò il fatto che io ero libero di fare ciò che desideravo. Un dato scontato, insomma, ma anche desiderio continuo della mia tracotanza. Dopo aver detto ciò, continuai con il mio cammino lento, estenuante e minaccioso verso la ragazza, ma ad un tratto fui costretto a fermarmi giacché un urlo diretto e schietto, brutale e violento, mi colpì in pieno volto, investendomi come una folata di vento gelido. Che cosa aveva detto? Per un istante fui tentato di abbandonare la mia recita, ma la voglia di non tradire i miei propositi mi impose di non cedere ai miei istinti; serrai le mani a pugno lungo i fianchi, nascondendole un poso fra la peluria del mantello grigio che avevo indosso e poi tirai un sospiro silenzioso e che non implicò un eccessivo innalzamento del mio petto mascolino. Di fronte a quell'insulto palese issai la rima buccale a preludio di una grossa risata sonora; mi tremolarono le spalle e poi gettai un'occhiata verso la parte di popolo alla mia destra, giusto per cercare la loro complicità.
    Ma fu qui che avvenne qualcosa di inaspettato. La guerriera si strappò con furia il ciondolo che fino a quel momento aveva orgogliosamente portato al collo e me lo scagliò contro i piedi. Mi accorsi di quanto avvenuto solo quando sentii il legno tondeggiante colpire le assi del medesimo materiale davanti le punte dei calzari. Abbassai lo sguardo verso l'oggetto e poi lo rialzai sulla donna; avvenne in concomitanza con le ultime parole davvero rabbiose pronunciate da Astrid. Un affronto personale bello e buono da parte sua; fui conscio del fatto che un poco mi provocò dispiacere, ma non potevo assolutamente negare la mia complicità in tutto questo. La provocai e lei reagì di conseguenza. Il gesto ovviamente provocò un moto di curiosità in tutti i presenti, che ancora una volta tornarono a parlottare fra loro, scambiandosi visioni ed ipotesi; ma il vocio durò nuovamente poco. Fu spezzato dalle mie successive favelle. Questa faccenda mi urta profondamente e voglio sbrigarla nell'unico modo che conosci, Astrid! Tuonai nuovamente, a voce alta per far sì che la diretta interessata mi udisse senza difficoltà. Battiti con me, adesso! La sfidai pubblicamente, invitandola ad uno scontro di forza, corpo a corpo. Tutto questo sì che lo pensai e decisi sul momento, ma fui lungi dal voler umiliare ancora una volta la donna dinnanzi ai cittadini. Anzi, lo trovai molto eccitante nonché utile per poter porgere alla donna bruna un'opportunità di riscatto di fronte agli occhi di chiunque ci stesse osservando in quel momento.
    ❝ Life is always a war. Every day we fight against enemies, traitors... and love. ❞
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